Faida di Platì. Gip dispone il carcere, sette arresti

Reggio Calabria Cronaca

Alla base delle indagini la famigerata faida tra le cosche Marando e Trimboli; tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000 una scia di violenza che insanguinò la cittadina di Platì, teatro di cinque omicidi. Meno di un mese fa i carabinieri del Ros fermarono quattro persone ed oggi il Gip del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Procura Distrettuale, ha disposto il carcere sia per loro che per altri tre soggetti.


L’accusa è di omicidio. Sette in tutto gli arresti eseguiti dai militari. Si tratta di Rosario Barbaro, Saverio e Domenico Trimboli e Bruno Polito (già fermati, come dicevamo, il 25 maggio) a cui si aggiungono Rocco e Natale Trimboli e Antonio Spagnolo. A tutti vengono contestati una serie di delitti aggravati dal metodo mafioso.

La misura di oggi confermerebbe, dunque, il quadro indiziario a carico dei primi quattro e, contestualmente, individuerebbe gravi indizi e le esigenze cautelari per gli ultimi tre, ritenuti “concorrentiin alcuni degli omicidi e già detenuti per altra causa all'epoca dell'esecuzione del fermo.

Il provvedimento del Gip arriva al termine delle indagini condotte dai militari del Ros insieme ai colleghi della Stazione di Platì e dei Cacciatori di Calabria.

Secondo gli inquirenti si sarebbe dimostrato come Pasquale Marando, considerato a capo dell'omonima 'ndrina attiva tra la cittadina reggina ed il Piemonte e di cui non si hanno più notizie dal 2002, sarebbe stato ucciso, ed il suo corpo fatto sparire, nel gennaio di quell'anno. A compiere il delitto – in base alla tesi investigativa - sarebbero stati esponenti dei Trimboli con l'autorizzazione di Rosario Barbaro, a sua volta a capo della locale di Platì.

Barbaro avrebbe fatto uccidere la vittima per ridimensionarlo, dato che avrebbe insidiato la sua leadership criminale. In pratica, sostengono i militari, il suo omicidio rappresenterebbe l’atto finale della violenta faida tra le due famiglie esplosa per dei contrasti relativi tanto alla gestione quanto alla spartizione dei lauti guadagni provenienti dal traffico internazionale di droga.

I Marando avrebbero deciso di colpire e duramente la cosca avversaria così da riaffermare la propria supremazia. Uno scontro che - proseguono gli inquirenti - sarebbe stato poi interrotto dall’intervento del Crimine. L'omicidio di Pasquale Marando avrebbe così portato ad un nuovo equilibrio nei rapporti di forza tra le cosche locali a vantaggio dei Barbaro che ne sarebbero usciti rafforzati.

Le indagini consentirebbero di far luce su un omicidio e quattro casi di sospetta lupara bianca maturati ed avvenuti durante la faida.

Il primo, nel gennaio del ‘97, è quello di Ferdinando Virgara, ucciso a colpi di pistola. Secondo gli investigatori il suo omicidio sarebbe da inserire nelle complesse dinamiche criminali che coinvolgevano Pasquale Marando, che sarebbe stato convinto dai fratelli Trimboli del coinvolgimento della vittima nell'assassinio, in Piemonte, del fratello Francesco.

Poi l’attenzione degli inquirenti si sposta su tre casi di lupara bianca: quello di Antonio Giuseppe Trimboli, che risale al luglio del 2001, e di Rosario e Saverio Trimboli uccisi entrambi nel novembre di quell’anno. I loro corpi non sono mai stati ritrovati.

Secondo la tesi investigativa la morte dei Trimboli sarebbe stata decisa e messa in atto da Pasquale Marando per ribadire la sua supremazia e per alcuni contrasti sulla gestione e spartizione dei narco proventi. Un’altra ipotesi è anche che Marando fosse convinto che le vittime lo avessero volutamente indotto in errore, accusando falsamente Ferdinando Virgara di aver avuto un ruolo nell'omicidio del fratello.

Pasquale Marando, a sua volta, sarebbe stato ucciso nel gennaio del 2002, ed il suo cadavere, ancora oggi non ritrovato, fatto sparire. Ad ammazzarlo, sempre secondo gli inquirenti, Saverio Trimboli, detto “Savetta”, fratello di Antonio Giuseppe e Rosario, che sarebbe stato aiutato da altri esponenti dei Trimboli e con l’autorizzazione di Rosario Barbaro. Marando, allora latitante, cadde sotto il fuoco dei colpi di pistola nella sua casa di Platì, dove era stato portato per partecipare ad una riunione che doveva sancire un chiarimento proprio con i Trimboli.