Faida di Platì. Il Gip non convalida il fermo, scarcerato Rosario Marando
Dopo il provvedimento di fermo di giovedì scorso nell’ambito delle indagini dei Ros sulla faida di Platì, che insanguinò la cittadina reggina a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, il Gip di Roma, ha scarcerato uno dei cinque fermati, Rosario Marando.
La decisione è arrivata al termine dell’udienza di convalida tenutasi sabato mattina nel carcere capitolino di Regina Coeli: il giudice per le indagini preliminari ha difatti rigettato la richiesta di custodia cautelare avanzata dalla Procura di Reggio Calabria per “assenza di gravità indiziaria”.
Si tratta in questo caso dell’unico provvedimento di rigetto delle richieste della Dda, in quanto per gli altri quattro indagati i Gip competenti territorialmente hanno emesso le relative misure cautelari.
A Marando veniva contestato dagli inquirenti di aver partecipato all’omicidio di Giuseppe Antonio Trimboli (avvenuto all’incirca il 20 luglio del 2001), e di Rosario e Saverio Trimboli, che si suppone siano stati assassinati pochi mesi dopo; i corpi delle tre vittime, infatti, non sono mai stati ritrovati.
L’Avvocato Francesco Lojacono, presente all’udienza come difensore di Marando insieme alla collega Giovanna Araniti, ha evidenziato come il principale elemento di prova a carico del suo assistito, fosse costituito dalle recenti dichiarazioni del neo collaboratore Domenico Agresta e che le stesse non fossero suffragate da alcun elemento di riscontro.
Il legale ha inoltre evidenziato e documentato che la prima verifica dibattimentale sull’attendibilità di Agresta ha avuto esito negativo, in quanto proprio la mattina precedente all’esecuzione del provvedimento di fermo, la Corte di Assise di Appello di Torino ha assolto Domenico Marando (fratello di Rosario, ed anch’egli difeso da Lojacono) dall’accusa, ribadita in aula da Agresta, di essere il mandante dell’omicidio di Roberto Romeo, nell’ambito della sanguinosa faida di Volpiano, che ha fatto seguito all’omicidio di Francesco Marando, il cui cadavere venne dato alle fiamme e poi ritrovato in una zona boschiva del Piemonte.
A questo delitto è seguito, nel giugno del 1997, ancora a Volpiano, il triplice omicidio di Antonino e Antonio Stefanelli e di Francesco Mancuso, per il quale Rosario Marando e Natale Trimboli (difesi dagli Avvocati Araniti e Lojacono) erano stati condannati all’ergastolo; ma la relativa sentenza, emessa dalla Corte d’Appello di Torino, non ha retto al vaglio della Cassazione, che il 27 aprile scorso ne ha disposto l’annullamento con rinvio per un nuovo giudizio.
Lo stesso esito si è registrato per il successivo omicidio di Roberto Romeo, ritenuto il “guardaspalle” degli Stefanelli, ucciso a Torino nel gennaio del 1998: fatto attribuito a Domenico Marando che si è visto annullare dalla Suprema Corte la precedente condanna riportata e che nel successivo giudizio di rinvio è stato assolto.
Una lunga scia di sangue, dunque, che secondo gli inquirenti, a seguito di dissidi tra i Marando e i Trimboli, scoppiati dopo la scarcerazione di Pasquale Marando, è proseguita in Calabria con l’omicidio del predetto eseguito dai cognati e dai suoi precedenti alleati e, successivamente, con quello dei tre Trimboli. Vicende, quest’ultime, oggetto del recente provvedimento di fermo emesso dalla Procura reggina.