Omicidio del boss Marando, Cassazione: carenza di indizi nei confronti di Trimboli

Reggio Calabria Cronaca

Nella serata di ieri, e a due giorni dalla data del prossimo 4 ottobre in cui è attesa la sentenza conclusiva del Giudizio abbreviato per la cosiddetta faida di Platì, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Procura Distrettuale reggina contro il provvedimento con cui il Tribunale della Libertà, su rinvio della Suprema Corte, aveva disposto la scarcerazione di Natale Trimboli per carenza del quadro indiziario (LEGGI).

Lo stesso Tribunale, una prima volta, aveva confermato il provvedimento restrittivo, ma la relativa ordinanza era stata annullata dalla Prima Sezione della Cassazione, che aveva riscontrato “numerose criticità” nelle accuse (LEGGI) mosse dai collaboratori Rocco Varacalli, Rocco Marando e da ultimo Domenico Agresta, e sulla base delle quali era stata disposta originariamente la custodia cautelare.

Con la pronuncia emessa ieri l’organo Supremo, che ha condiviso per la seconda volta le osservazioni dell’avvocato Francesco Lojacono, difensore di Trimboli, ha rilevato l’inconsistenza della ricostruzione accusatoria formulata dalla Dda reggina, chiudendo così il cerchio delle impugnazioni cautelari.

A Trimboli e agli altri imputati viene contestato il concorso nell’omicidio di Pasquale Marando, assassinio che sarebbe da inquadrare come ultimo atto di una faida - che insanguinò l’area di Platì tra la fine degli anni ‘90 e i primi anni 2000 - nata da dei dissidi con i cognati Trimboli, suoi originari alleati nel traffico di stupefacenti e di cui la vittima era considerata come uno dei più accreditati broker a livello internazionale.

AMMAZZATO E FATTO SPARIRE

Marando - ritenuto a capo dell’omonima ‘ndrina attiva tra la cittadina reggina ed il Piemonte, era irreperibile dal 2002: dopo essere stato ammazzato, presumibilmente nel gennaio dello stesso anno, il suo corpo fu fatto sparire.

Secondo gli inquirenti per compiere l’omicidio i Trimboli avrebbero avuto l’autorizzazione di Rosario Barbaro, a sua volta considerato il boss della locale di Platì, proprio per ridimensionare i Marando che insidiavano la sua leadership sul territorio.

La tesi dell’accusa è infatti che Barbaro abbia istigato i Trimboli ad uccidere la vittima proprio per questioni di supremazia mafiosa sul territorio, dove Marando aveva assunto un ruolo di primo piano.

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