Processo Minotauro, pentito ritratta. Le dichiarazioni rilasciate perché “forzato”
Colpo di scena a Torino durante il processo d’appello bis scaturito dall’operazione Minotauro che avrebbe messo in luce la presenza della ‘ndrangheta in Piemonte.
Rocco Marando, uno dei pentiti chiamati sul banco a testimoniare ha infatti ritrattato le deposizioni precedenti. E non solo, perché ha lasciato intendere di essere stato “forzato” a rilasciare le vecchie dichiarazioni.
Il suo difensore, l'avvocato Michele Polleri, ha dismesso l'incarico e ha lasciato l'aula. La Corte ha nominato un avvocato d'ufficio. E lo stesso legale si è detto sorpreso per le esternazioni del suo ormai ex cliente, "“un conto è non rispondere, un altro è dire che si è inventato tutto". Il legale ha assistito Marando, il cui comportamento è stato definito “esemplare”. Le dichiarazioni rilasciete in aula l’avvocato proprio non se le aspettava, “mi è sembrato opportuno lasciare l'incarico". Dopo un quarto d'ora è stato nominato come difensore d'ufficio l'avvocato Matilede Chiadò e l'udienza è ripresa.
Marando, componente di una famiglia di origini calabresi che da decenni si è stabilita in un paese del circondario di Torino, si è pentito il 26 marzo 2009, quando seduto davanti al procuratore aggiunto Sandro Ausiello e al pm Roberto Sparagna, ha deciso di avviare la collaborazione. Molte le cose che racconta ai magistrati: parte dalla sua affiliazione, per poi passare agli affari del clan e agli omicidi.
Marando è stato sentito nel processo sulla presenza della 'ndrangheta nel Nord Ovest. La causa in corso a Torino si celebra per ordine della Cassazione, che il 12 maggio 2016 aveva confermato 23 condanne ma ne aveva annullate alcune con rinvio. Gli imputati ora sono sei (un settimo è deceduto).
(ultimo aggiornamento 18:12)