‘Ndrangheta, giornata in memoria del giudice Scopelliti a Lamezia
Il movimento antimafie "Ammazzateci tutti" e la Fondazione Antonino Scopelliti organizzano per sabato 18 dicembre alle ore 9.30 presso il Teatro Grandinetti di Lamezia Terme una giornata in memoria del giudice Antonino Scopelliti, ucciso dalla 'ndrangheta a Campo Calabro il 9 agosto del 1991. Egli lasciò la moglie e la figlia di sette anni, Rosanna, della cui esistenza, per motivi di sicurezza, pochissimi sapevano. L’iniziativa, cui hanno aderito altresì molte scuole medie e superiori del comprensorio inviando ciascuna una propria delegazione di studenti, sarà introdotta dal coordinatore cittadino di "Ammazzateci tutti", Ciccio Blaganò. Interverranno altresì: Gianni Speranza – sindaco di Lamezia Terme, Mario Caligiuri - Assessore alla Cultura ed ai Beni Culturali regione Calabria, Rosanna Scopelliti – Figlia del giudice Antonino e presidente dell’omonima fondazione, Aldo Pecora – Presidente “Ammazzateci tutti” e autore di “Primo sangue”, e Tano Grasso - presidente onorario FAI. Il dibattito sarà moderato da Pietro Melia – giornalista del TGR Calabria. La morte di Scopelliti, impegnato in quei giorni in Cassazione per il maxi-processo di Palermo, aprì di fatto la stagione delle stragi, il duro e ambiguo confronto tra Stato e mafia che avrebbe portato, poco dopo, alle morti di Falcone e Borsellino. Iniziò così una collaborazione inedita e pericolosissima tra Cosa nostra e ’ndrangheta, senza l’assenso della quale non sarebbe stato possibile giustiziare un magistrato in terra calabrese. Eppure il caso fu facilmente insabbiato: i colpevoli, identificati in membri della ’ndrangheta ma, prima ancora, in Totò Riina e Nitto Santapaola quali mandanti, saranno tutti assolti dopo una lunga e dolorosa vicenda processuale. Vicenda processuale con annessa storia del magistrato di Campo Calabro che Aldo Pecora, presidente di "Ammazzateci tutti", ripercorre in "Primo sangue" (BUR RIZZOLI), il suo primo libro che sarà presentato nel corso della manifestazione, con il quale il fondatore del movimento giovanile antimafia più grande d'Italia dimostra come sia doveroso riaprire il processo sulla morte del «giudice solo».