Pierfranco Bruni reciterà i versi poetici di Isabella Morra
Si parlerà a Cosenza di Isabella Morra il 26 febbraio prossimo nella Sala della Biblioteca Nazionale grazie al Convegno di Cultura Maria Cristina di Savoia presieduto da Angela Gatto.
Era il 1546 quando Isabella Morra veniva uccisa. Aveva 26 anni. Ed era bella. Bella con i sogni tra i versi e le parole che raccontavano solitudini nel tempo perduto in un feudo tra la Calabria e la Basilicata. Suo padre era il signore di Favale. Un feudo nella valle del Sinní. Era avverso agli spagnoli e quando i francesi vennero scacciati dal Regno di Napoli il padre di Isabella si rifugiò in Francia. Isabella fu affidata alla cura dei fratelli che la costrinsero a vivere in una tragica solitudine.
Isabella si innamorò del poeta Diego Sandoval de Castro sposato con Antonia Caracciolo. I fratelli appena scoperta la relazione, senza pensarci due volte, uccisero Isabella e poco dopo tesero un agguato al suo amante e lo trucidarono.
E’ certo che Isabella invocò sempre il padre. Il padre come identità perduta. L’amore per Diego Sandoval come riferimento ritrovato. Ma le coincidenze a volte sono più crudeli della vita stessa. Gli amanti traditi in un rapporto d’amore vissuto sul tradimento. E Antonia Caracciolo? Quale tradimento più atroce dovette subire? Tradita e beffata. E non c’era, nel tutto, un filo sottile d’ironia. Ma il destino è un cammino segnato che tocca le corde del tempo e incrocia l’amore con la morte.
Una delle prime raccolte delle poesie di Isabella apparve a Venezia nel 1552 ma a Napoli venne pubblicata la raccolta integrale nel 1693. A riscoprirla fu Benedetto Croce. Poesia di meditazione. Poesia semplice. Poesia di tristezza. Poesia della consapevolezza. Sono state usate tante terminologie. Isabella Di Morra resta nella poetica della tragedia: sia biograficamente sia letterariamente. Forse anche una poesia della solitudine.
Una commozione intensa pervade il dettato poetico. I sogni sono dentro l’angoscia e le disperazioni sono graffi sui muri del castello di Favale. E’ un fiume che scorre. Ci sono parametri letterari sui quali si potrebbe riflettere. Ma Isabella è la biografia che si fa poesia e gioca con le onde di un amore – fantasia.
In Leopardi ritorna questo canto. Una tensione senza sirene che freme nell’angustia dei giorni che passano e conducono inavvertitamente alla fine. In ogni fìne c’è sempre la fine di un tempo. Ci si consuma aggrappati ad una attesa. E Isabella è stata colta dentro questa attesa. Ma forse c’è anche un’attesa che manca. Una poesia fatta di tensioni. Nelle biografie ci sono sempre misteri intrecciati a segni indecifrabili.
Disperazione senza speranze, disperazione senza ancore, disperazione chiusa nel silenzio. Amore e morte. Il suo testamento non giunse a termine. Pagine bianche. Il destino crudele la circondò Ma l’amore è nella morte e la morte (e aveva ragione Michelstadter) è nell’amore – vita. Ma il tempo è più della morte. Ecco perché ancora si racconta di Isabella Di Morra.