Reggio. Morelli: primo intervento di impianto non invasivo della valvola aortica
Un importante traguardo nel campo della medicina: i primi interventi di impianto di una valvola aortica eseguiti all’ospedale Morelli di Reggio Calabria.
Lo ha annunciato con soddisfazione il Direttore del reparto di Cardiochirurgia del nosocomio, Pasquale Fratto, spiegando che si tratta di una tecnica, conosciuta come Tavi, che consiste nell’introdurre attraverso l’inguine una valvola artificiale biologica premontata su un catetere per sostituire la valvola aortica stessa.
L’impianto di queste protesi biologiche è indicato per i pazienti anziani e che presentano un rischio chirurgico elevato, legato alla concomitante presenza di altre malattie che coinvolgono altri organi.
Tutti i pazienti sono stati regolarmente dimessi dopo una breve degenza ed ai controlli dimostrano un netto miglioramento della qualità di vita.
Prosegue, dunque, il percorso di consolidamento dei vari programmi a 15 mesi dall’apertura della Cardiochirurgia del Centro Cuore di Reggio Calabria. L’attività ormai avanza regolarmente con centinaia di pazienti operati in elezione o urgenza, sia con tecniche tradizionali che innovative.
In particolare, sono stati eseguiti con successo numerosi interventi per la chiusura con catetere del forame ovale pervio (piccolo foro nel cuore) e per il trattamento mininvasivo delle valvole con utilizzo di protesi senza sutura e con piccole incisioni di pochi centimetri. Si tratta di protesi biologiche conosciute come 'sutureless' che riducono i tempi dell’intervento.
“Con l’introduzione di queste tecniche – spiega ancora Fratto, già Cardiochirurgo dell'Ospedale Niguarda di Milano – presso il Centro Cuore reggino disponiamo oggi, con i fatti, di tutte le tecnologie d’avanguardia disponibili per trattare le malattie delle valvole aortica e mitralica. Siamo, cioè, nella condizione, all’interno di un ospedale pubblico sede di tutte le specialità mediche e chirurgiche, di poter offrire a ciascun paziente, tenendo conto delle sue problematiche, il trattamento migliore che a seconda dei casi può essere tradizionale, mininvasivo con piccole incisioni oppure senza bisturi attraverso un catetere”.
“È, inoltre, importante sottolineare – dichiara, dal canto suo, Virgilio Pennisi, Responsabile della Cardiologia del Grande Ospedale Metropolitano – che il successo di questi programmi, innovativi e moderni, è dovuto all’affiatamento di una équipe multidisciplinare costituita non solo da cardiochirurghi, ma anche da cardiologi, cardioanestesisti, radiologi, internisti e personale infermieristico altamente formato. Grazie a loro, i cardiopatici calabresi possono essere curati nella loro terra, con metodi nuovi e sofisticati, superando la diffidenza che li porta spesso e senza reale motivo a curarsi in strutture fuori regione”.