Processo Artemisia. Tdr di Torino: “a Chivasso non esiste la cosca Gioffrè-Ilacqua”
Il Tribunale della Libertà di Torino, presieduto da Silvia Salvadori e con a latere i giudici Marta Sterpos e Giulia Caveglia, ha confermato la propria ordinanza con cui aveva escluso che Francesco e Domenico Gioffrè fossero degli ‘ndranghetisti.
I due giovani trasferitisi da Amato di Taurianova a Chivasso, nel torinese, sono parenti dei Gioffrè di Seminara, essendo i nipoti di Vincenzo Domenico detto “Ringo” e cugini degli omonimi che sono imputati nell’ambito del processo Artemisia, scaturito dall’omonima operazione dell’aprile del 2009 (LEGGI).
Entrambi sono stati arrestati in seguito ad un’indagine condotta dal Pubblico Ministero della Distrettuale Antimafia di Torino, Monica Abbatecola, contro alcune persone ritenute affiliate alla ‘ndrangheta (LEGGI) ed a cui vengono contestati, a vario titolo, oltre che l’associazione a delinquere di stampo mafioso, diversi reati di tentato omicidio, lesioni personali, estorsioni, danneggiamenti, traffico di droga, porto e detenzione di armi ed altro aggravati dal metodo mafioso.
Il Tdr, accogliendo le argomentazioni dei loro avvocati, Antonino Napoli e Giuseppe Germanò del foro di Palmi, ha ritenuto che non sussistono i gravi indizi di colpevolezza rispetto all’associazione mafiosa in quanto non si tratterebbe di cosiddetto locale o di una ‘ndrina riconosciuti dal Crimine di Polsi.
Il termine “bastarda”, poi - utilizzato da altri nel corso di alcune conversazioni intercettate - per individuare il gruppo in cui sarebbero inseriti i due Gioffrè sarebbe, secondo i giudici del riesame, riferito in senso atecnico rispetto alle diverse acquisizioni che individuano compagini mafiose e di matrice ‘ndranghetista non riconosciute dal “Crimine”, l’organismo centrale e all’apice della gerarchia mafiosa reggina.
Il gruppo di persone di cui farebbero parte i due Gioffrè, ad avviso dei magistrati, non avrebbe goduto di fama criminale e di conseguenza “non genererebbe forza di intimidazione”, pertanto le paure che le indagini avrebbero comunque rilevato, sarebbero da ricondurre “all’aggressività del singolo e non alla forza di intimidazione proveniente dal vincolo associativo”.
Tra l’altro, hanno sottolineato dal Tdr, più persone hanno reagito, come Enrico Mancuso che aveva incassato degli assegni datigli dai Gioffrè, o Occhipinti che in prima battuta avrebbe negato a Domenico quanto richiesto. Altri hanno anche denunciato, come Elio Tavaglione e Fabio Petrosso. Elementi questi che escluderebbero un assoggettamento ad omertà.
La difesa ha anche evidenziato che non emergerebbe nell’indagine alcun tentativo di infiltrazione nel settore economico per il controllo di attività di mercato in quanto gli indagati parrebbero operare per “logiche difensive” rispetto a “condotte vissute come truffaldine a loro danno, piuttosto che con lo spirito di infiltrazione di cui parla la norma incriminatrice”.
Avverso l’annullamento da parte del Tribunale del riesame del reato associativo, dell’aggravante del metodo mafioso e di alcuni reati fine il Pm aveva proposto ricorso in Cassazione ottenendo dalla la seconda sezione penale l’annullamento con rinvio del provvedimento del riesame.
Il Tdr di Torino, in sede di rinvio dalla Cassazione, in seguito alla discussione in camera di consiglio con la presenza del pubblico ministero e dei difensori, ha accolto le argomentazioni degli avvocati Napoli e Germanò ed ha confermato l’esclusione del reato associativo, di alcuni capi di imputazione ed ha confermato la misura applicata per gli altri capi aggravati dal metodo mafioso.