Società consortile fatta fallire, opera pubblica incompiuta: scatta il sequestro per imprenditore
Supera i due milioni di euro il valore dei beni sequestrati stamani dalla Guardia di Finanza ad un’importante azienda di costruzioni del vibonese.
Il provvedimento - emesso dal Tribunale del capoluogo su richiesta della Procura - arriva al termine delle indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economica e Finanziaria delle fiamme gialle sul fallimento di una società consortile costituita appositamente per gestire un lotto di lavori di un importante appalto pubblico.
Per la partecipazione alla gara, era stata presentata una offerta da parte di un’Associazione Temporanea di Imprese della quale faceva parte, oltre all’imprenditore vibonese che è stato raggiunto dal sequestro, anche uno dei principali gruppi imprenditoriali nazionali del settore idrico (nei cui confronti, comunque, non è stata contestata alcuna ipotesi di reato).
Una volta vinto l’appalto, tra le imprese che facevano parte dell’Ati era stata costituita una società consortile per assicurare una gestione in forma unitaria dei lavori.
Secondo gli investigatori, a seguito della fuoriuscita dalla consortile del soggetto economico di primaria importanza, la società sarebbe stata, di fatto, dissanguata dall’imprenditore vibonese - che nel frattempo aveva acquisito il 100% delle quote sociali - che, pur continuando ad incamerare le somme erogate dall’Amministrazione appaltante in base ai vari stati di avanzamento dei lavori, non avrebbe trasferito il denaro nelle casse della società consortile.
Il mancato ripianamento dei costi ne avrebbe così causato il fallimento, non essendo più in grado di pagare importanti debiti accumulati nei confronti dei fornitori e dei dipendenti.
Per questo l’imprenditore e diversi soggetti, tra cui alcuni professionisti incaricati della procedura fallimentare, sono stati segnalati, a vario titolo, alla Procura per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale, falso in attestazioni e relazioni nell’ambito della procedura fallimentare, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e omessa denuncia di reato commessa da parte del pubblico ufficiale.
Il sequestro all’imprenditore vibonese ha riguardato somme di denaro per circa 2 milioni e 200mila euro, depositate su dei conti correnti bancari.
La società dichiarata fallita era impegnata nell’esecuzione di un appalto pubblico per la realizzazione di un’infrastruttura strategica nel settore delle risorse idriche in provincia di Reggio Calabria, allo stato ancora incompiuta.