Bancarotta fraudolenta, operazione della Gdf: sequestrati beni nel vibonese

Vibo Valentia Cronaca
La perquisizione

La Guardia di finanza di Vibo Valentia ha eseguito stamani un’operazione, denominata “Persefone”, riferita ad una presunta bancarotta fraudolenta ed al conseguente sequestro di beni mobili. I dettagli saranno illustrati stamani alle 11, presso la Procura della Repubblica di Vibo, nel corso di una conferenza a cui parteciperà il procuratore Mario Spagnuolo.


GLI INQUIRENTI: COSÌ È FALLITA LA PROSERPINA

Il Nucleo di Polizia Tributaria di Vibo Valentia, nel corso dell’operazione di stamani, denominata Persefone, ha dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo, emesso dal Gip su richiesta della Procura della Repubblica, per concorso in bancarotta fraudolenta preferenziale e documentale presumibilmente commessa nell’ambito della gestione di una società a capitale misto, la Proserpina, che opera nel settore della raccolta differenziata e con sede in Vibo Valentia. Il valore dei beni sequestrati ammonterebbe a circa 1,5 milioni di euro.

Contestualmente è stato disposto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 13 soggetti che ricoprono incarichi societari all’interno della stessa Spa. Il provvedimento è stato emesso a conclusione delle indagini coordinate dalla Procura, condotte dalle Fiamme Gialle e supportate da una consulenza tecnica disposta dal Pm titolare.

Gli accertamenti sono scattati a seguito di un’attività investigativa in materia di bancarotta in relazione al fallimento di una Spa a capitale misto e le indagini sono state rivolte su due tronconi tra di loro collegati: il primo riguardante l’assegnazione di 10 automezzi nuovi alla società da parte dell’Ufficio del Commissario Delegato all’Emergenza Ambiente in Calabria; il secondo ha riguardato la “falsa appostazione in bilancio” delle voci relative all’assegnazione degli stessi automezzi e dei crediti vantati dalla società nei confronti dell’ufficio del commissario delegato e riferiti all’incentivo per favorire la raccolta differenziata.

Secondo gli investigatori, “gli organi societari della Spa con la loro condotta omissiva”, avrebbero comportato “la mancata annotazione della clausola del riservato dominio sui certificati di proprietà degli automezzi a favore dell’ufficio del commissario delegato, permettendo così che gli stessi, poco prima della dichiarazione di fallimento… , fossero fraudolentemente destinati al socio privato di maggioranza (titolare, a sua volta, di una ditta individuale e socia di un’ulteriore società operante nello stesso settore della raccolta di rifiuti e di proprietà del coniuge)”.

“L’illegittima e fraudolenta appostazione in bilancio delle voci – affermano ancora i finanzieri - con una differenza iniziale di circa 800.000 euro, ha sensibilmente alterato sia l’ammontare del patrimonio netto che il risultato d’esercizio a partire dal bilancio 2004 sino alla data del fallimento”. In sintesi, si sarebbe evidenziato un patrimonio netto positivo (o comunque superiore a quello reale) che avrebbe permesso di evitare l’adozione dei provvedimenti di ricapitalizzazione o di liquidazione della società che, al contrario, avrebbe proseguito la propria attività, determinando e concorrendo a determinare il dissesto della società con un passivo fallimentare di circa 9,7 milioni di euro.