Monza. Così sarebbe “sparito” un patrimonio da 230 milioni: 21 arresti

Reggio Calabria Cronaca

Non a caso gli investigatori l’hanno battezzata “Domus Aurea”. Parliamo dell’operazione scattata stamani a Monza ma estesa anche nella nostra regione, in particolare nella provincia di Reggio Calabria, oltre che in quelle di Milano, Monza e Brianza, Lecco, Bologna e Asti (LEGGI).

Le fiamme gialle hanno apposto i sigilli su quello che potremmo definire un vero e proprio “tesoro”, quantificato per ora in beni che oscillano intorno ai cento milioni di euro di valore.

In pratica una trentina di immobili (28 esattamente), tra cui uno dei più prestigiosi hotel di Venezia; e poi quote societarie e disponibilità finanziarie, oggetto di una presunta distrazione, per un totale di oltre 9 milioni.

Secondo gli inquirenti vi sarebbe stata un’evasione delle imposte per circa 10 milioni di euro, dunque, e per assicurare alle casse dello Stato di rientrare dell’importante mole di denaro, è scattato il sequestro finalizzato alla confisca.

Le indagini che hanno portato al provvedimento di oggi, sono iniziate nel 2014 raggiungendo oggi l’epilogo con l’emissione di ben 30 misure cautelari.

In nove sono finiti così in carcere, una dozzina ai domiciliari, un altro è stato sottoposto all’obbligo di dimora, cinque a quello di presentazione alla Polizia Giudiziaria e tre sono stati i divieti di esercitare attività professionali o imprenditoriali per un anno nei confronti di altrettante persone.

I BENI “DISTRATTI”, I PROFESSIONISTI E L'IMPRENDITORE

Come dicevamo, tutto è partito quattro anni fa, dopo un esposto, presentato nell’ottobre del 2014 alla Procura di Monza su un presunto episodio corruttivo, che risalirebbe al 2010 e che riguardava un comune brianzolo.

Le Fiamme Gialle hanno così iniziato degli accertamenti, anche tecnici, scoprendo diverse presunte condotte illecite, sia di natura fiscale che fallimentare, che sarebbero state messe in atto nella gestione di circa 40 società appartenenti ad un gruppo societario che fa capo ad un noto imprenditore edile di origini calabresi ed operante nella provincia di Monza e Brianza, Giuseppe Malaspina.

Gli investigatori hanno analizzato della documentazione amministrativa e contabile, sequestrata durante delle perquisizioni effettuate nelle sedi delle società coinvolte, attivando poi ed anche degli accertamenti bancari e delle intercettazioni telefoniche ed ambientali.

Alla fine ritengono di aver appurato che l’imprenditore, arrestato, avesse nel corso degli anni organizzato la sua struttura aziendale grazie all’aiuto di professionisti e consulenti compiacenti, ed utilizzando anche “una folta schiera di prestanome”, allo scopo di nascondere la reale riconducibilità dei propri beni.

Per gli inquirenti, a tal scopo, si sarebbero ricorso “sistematicamente” all’emissione ed all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti da parte delle aziende dell’imprenditore per un ammontare di circa 95 milioni di euro; inoltre si sarebbe distratto un patrimonio stimato nell’importante cifra di circa 234 milioni.

L’HOTEL DI LUSSO E LA SEGRETARIA “MANAGER”

Durante le indagini, i militari di Monza hanno ricostruito, tra l’altro, una serie di operazioni societarie considerate fraudolente, ovvero di natura “distrattiva” e messe in atto per preservare dalle pretese dei creditori il patrimonio di una delle società riconducibili all’imprenditore.

Si tratta nel particolare di un prestigioso albergo di Venezia che, dopo una serie di passaggi societari, sarebbe stato infine trasferito ad una nuova società, che si ritiene costituita ad hoc, rappresentata legalmente dalla segretaria e storica collaboratrice dell’arrestato.

Per impedire che la presunta distrazione avvenisse, ad aprile del 2017 i Finanzieri eseguirono un sequestro preventivo d’urgenza, emesso dalla Procura lombarda, cautelando le quote della società per un valore stimato in oltre 75 milioni di euro, che è stato considerato dagli inquirenti come il “prodotto o profitto” della bancarotta fraudolenta.

Il sequestro venne successivamente convalidato dal Gip e confermato sia dal Tribunale del Riesame che, a febbraio scorso, dalla Corte di Cassazione.

I REATI CONTESTATI

A tutti e trenta gli indagati vengono oggi contestati i reati di associazione a delinquere finalizzata a reati tributari e fallimentari, il trasferimento fraudolento di valori, il riciclaggio e la corruzione. Tra questi compaiono anche un ex magistrato che prestava servizio alla sezione fallimentare del Tribunale di Monza e due avvocati.