Bancarotta e tasse non pagate. Sigilli ai beni per un imprenditore lametino
Ammonta a 3,6 milioni di euro il totale dei beni sequestrati questa mattina dai finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro, coordinati dal procuratore della Repubblica di Lamezia Terme Salvatore Curcio e dal sostituto procuratore Marta Agostini.
Le Fiamme gialle hanno infatti eseguito un’ordinanza, emessa dal gip del tribunale della Citta della Piana su richiesta della Procura, nei confronti di un presunto sodalizio criminale che sarebbe costituito dai coniugi Michele Rutigliano, 61enne, e Lina Catanzaro, 57enne, e dai loro figli Gioacchino, 33enne, e Domenico, 30enne, denunciati a vario titolo per bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata (fa poco più di 2 milioni di euro), e per emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta ed infedele e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (per circa 1,5 milioni).
La Gdf ha inoltre sequestrato, ai fini della confisca, le somme che farebbe parte del profitto dei reati ipotizzati, per l’importo complessivo di 3,6 milioni di euro, e tutte le attività di impresa, oltre a beni mobili e immobili, riconducibili agli indagati.
Ai soggetti ritenuti responsabili dei reati contestati è stato anche notificato il divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale o di impresa.
Il provvedimento nasce da una complessa e articolata indagine denominata, “Operazione luce”, coordinata dalla Procura e condotta dal gruppo tutela economia del nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro, che ha portato ad investigare su alcune operazioni considerate sospette e riconducibili ai movimenti finanziari di due società lametine del settore fotovoltaico e della carpenteria metallica, entrambe riconducibili alla famiglia Rutigliano.
I finanzieri, insospettiti da alcuni movimenti sui conto correnti societari e personali, hanno svolto gli accertamenti su decine di rapporti bancari (tra conti correnti, carte di debito e depositi), e attraverso numerose richieste di controlli incrociati.
Si sarebbe accertato che diverse aziende dei Rutigliano avrebbero avuto un forte indebitamento verso l’erario, nonostante i cospicui volumi d’affari rilevati.
La tesi degli inquirenti è che attraverso delle manovre finanziarie, le aziende sarebbero state depauperate delle proprie risorse, facendo confluire gli incassi delle fatture emesse su conti correnti personali dei familiari oppure, in alcuni casi, facendo ricorso al finanziamento soci non giustificato da effettive esigenze personali.
Questo modus operandi avrebbe portato - nel dicembre del 2011 – alla Pronuncia di fallimento della Rcs di Rutigliano Michele & c. Sas da parte della sezione fallimentare del tribunale di Lamezia Terme e alla messa in liquidazione della Erre impianti srl.