Lavoro: Franco Sergio lancia proposta di legge per la regolarizzazione delle “badanti”
Il consigliere regionale, Franco Sergio, ha presentato una proposta di legge per la qualificazione ed il sostegno del lavoro degli assistenti familiari passata al vaglio della Commissione Sanità.
«La 3a Commissione ha approvato una mia proposta per disciplinare il “care giver” familiare, un nuovo soggetto sociale su cui è caricata la cura delle persone anziane e disabili» afferma Sergio.
«La proposta – chiarisce – ha la finalità di agevolare gli assistenti familiari per la conciliazione tra cura, impegni professionali e vita sociale e di relazione. In questi anni il fenomeno negativo dell’inverno demografico e, per contrasto, il positivo aumento della speranza di vita hanno prodotto un aumento della popolazione anziana soggetta a patologie spesso invalidanti che necessitano di cure sanitarie e assistenziali continuative.
Nonostante la rete delle unità d’offerta sociali e socio-sanitarie nel tempo si sia attrezzata per soddisfare la domanda a favore di persone anziane e disabili, con un ventaglio di possibilità, non sempre i servizi, sia residenziali che domiciliari, riescono a soddisfare la richiesta di aiuto e, quindi, è sempre più ampio il numero di famiglie che organizzano il proprio sistema di cura, ricorrendo a forme di care giving informale. Si stimano, al riguardo, circa 30 mila assistenti familiari, o badanti, che prestano attività al domicilio delle famiglie calabresi.
Urge dunque attraverso l’attivazione di un tavolo tecnico con tutti i soggetti deputati (Enti locali, 3° Settore, Confapi, Sindacati, strutture socio-assistenziali, Assessorato regionale) per ridefinire e riscrivere soprattutto il regolamento della riforma del welfare – legge 328 – ormai da 18 anni. Nonché ovviamente l’aumento del budget per le misure di contrasto alla povertà. Va anche ripensata l’ipotesi di compartecipazione del pagamento rette dei soggetti con Isee inferiori a 4 mila €, che, dovrebbe esser pacifico, non possono addossarsi questi oneri. Questo passaggio, andrebbe in ogni caso condiviso, coi comitati dei cittadini perché tutto ricade sulla loro pelle.
In questa grave fase di recessione economica le famiglie rischiano di essere ancora più fragili, in quanto sono costrette a sostenere finanziariamente un’alta percentuale dei costi dell’assistenza e, conseguentemente, sono più esposte a forme di impoverimento.
Tale condizione di povertà innesca un circuito vizioso tra famiglie e assistenti familiari attraverso il lavoro sommerso. Pertanto, una delle strategie sempre più frequentemente adottate in questi anni dalle famiglie calabresi è stata quella di ricorrere a collaboratori, prevalentemente donne straniere, definite “badanti” o “assistenti familiari”.
Questo fenomeno ha trovato terreno fertile per l’incontro di due bisogni diversi: da un lato quello delle famiglie, impegnate a ricercare per la cura dei propri malati soluzioni a costo accettabile ma che al tempo stesso offrano garanzia di continuità ed affidabilità e, dall’altro, l’ingresso sul mercato di una manodopera femminile immigrata disponibile al lavoro generico di cura, non qualificata e, spesso, non in regola con il permesso di soggiorno, frequentemente priva di alloggio e, quindi, proprio per queste contingenze, interessata a un rapporto di lavoro anche poco remunerativo e possibilmente in nero».
«Pertanto – conclude il consigliere – c’è la necessità di definire profili e modelli formativi “omogenei” che garantiscano l’acquisizione di specifiche competenze per garantire condizioni uniformi di iscrizione negli elenchi di persone qualificate e che rappresentino un prerequisito per la regolazione omogenea del mercato privato della cura».