Anassilaos: vita e poesie dell’iracheno Saadi, sfuggì all’assedio di Saddam
Il poeta iracheno Latif al Saadi ha introdotto la Festa della poesia del Mediterraneo e delle Lingue minoritarie, al Chiostro della Chiesa di San Giorgio per il corso organizzata dall’Associazione Anassilaos.
Una serata in cui la parola pace è risuonata più volte, fin dall’introduzione del presidente dell’Anassilaos Stefano Iorfida che ha ribadito più volte l’importanza della cultura e il valore della poesia quale strumento per unire gli uomini e i popoli.
Il poeta iracheno è stato protagonista delle letture in arabo, poi seguite dalla lettura di Carlo Menga nella traduzione in italiano, alternando le due lingue dalle diverse musicalità. Il poeta, già autore di Canti di Amore e Nostalgia, si è svelato anche nell’altra sua veste, quella di combattente per la libertà dal tiranno Saddam Hussein e per questo torturato prima ed esule poi, e oggi si sente “preso tra due fuochi: di là, l’Iraq una terra che non conosce pace e di qua, in Italia, afflitto da un razzismo crescente e da una diffidenza sempre più simile all’intolleranza”.
La sua attività contro il regime iracheno lo ha visto armato sempre della sua penna, pronto alla denuncia, e mai rassegnato al panorama che ancora oggi lo preoccupa. Per questo collabora con le organizzazioni italiane, in qualità di mediatore culturale, e con i quotidiani iracheni, attraverso valutazioni politiche e di impegno civile. E poi c’è la sua poesia, non come professione, ma come riflessione intima del suo mondo diviso in due dalla nostalgia, alla ricerca incessante delle sue radici dove, come scrive in una sua poesia, Roma e Bagdad si incontrano e si sovrappongono nel ricordo.
La conversazione, coordinata da Daniela Scuncia, si è spostata poi su un altro aspetto dell’attività di Latif al Saadi: la partecipazione, nel 2016, al documentario di Massimiliano Zanin e presentato alla Mostra del cinema di Venezia, dal titolo “Latif, poeta combattente”.
“È stata una bella occasione per me – ha concluso Saadi - che rivolgo sempre il mio sguardo sugli altri, di vedere gli occhi fissi e attenti su di me. Un riconoscimento al mio dolore”.