Imprenditore ritenuto “vicino” alle cosche: sequestrati beni per due mln di euro
Le Fiamme Gialle del Nucleo Speciale Polizia Valutaria di Reggio Calabria hanno eseguito una misura di prevenzione patrimoniale emessa dal Tribunale su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri.
La misura – che ha colpito Alberto Pizzichemi, imprenditore 48enne di Melito di Porto Salvo, e il suo nucleo familiare - ha interessato dieci beni immobili, tra cui appartamenti e terreni a Reggio Calabria e Bologna; l’intero complesso aziendale di una rivendita di tabacchi all’interno di un noto centro commerciale bolognese, ed altre disponibilità finanziarie.
Le attività svolte dagli investigatori, che hanno preso spunto dallo sviluppo di alcune segnalazioni per operazioni sospette inviate dagli intermediari bancari e finanziari, avrebbero permesso di dimostrare come l'imprenditore, che si occupa prevalentemente di autotrasporti, operasse nella zona grigia “di contiguità” alle cosche Iamonte (clan della fascia ionica reggina) e Piromalli (egemone sulla Piana di Gioia Tauro), così come sarebbe anche emerso da riscontri sulle dichiarazioni di alcuni collaborazioni di giustizia, i quali, nel tempo, hanno indicato Pizzichemi come vicino alle due consorterie di ‘ndrangheta.
L’imprenditore, seppure incensurato perché assolto definitivamente dall’accusa di associazione mafiosa, è stato ritenuto dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale come inserito “in quella zona d’ombra” contigua alle organizzazioni criminali”.
La Corte di Appello, infatti, ha evidenziato che Pizzichemi sarebbe"un faccendiere che vive ai margini di quella che può essere considerata una zona grigia, fatta di connivenze e collusioni tra mafia, imprenditoria e poteri pubblici”.
Inoltre è stato destinatario nel 2010 di un rinvio a giudizio per tentata estorsione, mentre nel 2011 è stato segnalato per una frode fiscale con l’utilizzo e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Inoltre, sempre secondo gli inquirenti, sarebbero numerosissime, da parte dell'imprenditore, le presunte frequentazioni con soggetti pregiudicati o con precedenti di polizia per vari reati, tra cui numerosi soggetti considerati come contigui o appartenenti alla ‘ndrangheta.
Le investigazioni, eseguite attraverso la ricostruzione dei flussi finanziari e delle vicende economiche dell’intero nucleo familiare dell’imprenditore, oltre a delineare la presunta “pericolosità sociale qualificata” del 48enne, avrebbero fatto rilevare che gli investimenti effettuati nel tempo sarebbero del tutto sproporzionati rispetto alle fonti di reddito realizzate legittimamente.
In particolare, i finanzieri hanno ricostruito tutti i redditi prodotti dall’imprenditore e dalla famiglia a partire dal 1991 e, confrontandoli con gli acquisti e con gli investimenti effettuati negli anni, avrebbero così dimostrato una netta sproporzione tra i redditi conseguiti e i beni acquisiti e le somme di denaro accumulate.
Il Tribunale ha ora disposto l’applicazione della misura di prevenzione sull’intero patrimonio dell’imprenditore e su tutti i beni a lui riconducibili, anche per interposta persona, che allo stato ammontano a circa 2 milioni di euro.
Il provvedimento è stato eseguito con la collaborazione dei militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bologna.