Gippe. Domenico Rositano sul porto di Gioia Tauro
Da giovane calabrese e giovane economista che ha deciso di rimanere in Calabria sento oggi più che mai la necessità di sensibilizzare le nuove generazioni, ed in particolare quella dei ventenni e trentenni onesti che credono nello sviluppo socio economico della nostra Regione, cosa significhi perdere un’opportunità come quella del Porto di Gioia Tauro. Negli ultimi vent’anni l’aumento esponenziale della produttività dei porti ha permesso agli stessi di fronteggiare l’incremento del commercio internazionale e del trasporto marittimo dovuto alle trasformazioni geografiche nei mercati e alla globalizzazione. Non è un caso che Gioia Tauro sia diventato uno dei più importanti scali di transhipment del Mediterraneo. Tuttavia tale aumento è stato accompagnato dalla crescita della competizione fra i porti.
Nel caso di Gioia Tauro e più in generale al sistema dei porti italiani il gap competitivo maggiore proviene dal nord africa con particolare riferimento a Egitto e Marocco. I minori costi di gestione e fiscali (personale, tassazione sui vettori, accise su energia e carburanti, tasse di ancoraggio), economicamente più vantaggiosi rispetto ai porti italiani, hanno di fatto catalizzato verso quelle aeree i grandi armatori abbandonando lentamente i porti della penisola. Quello che occorre quindi, non è semplicemente puntare sull’efficienza del ciclo logistico, l’immediata riduzione delle tasse di ancoraggio o realizzare concretamente l’intermodalità Mare-Ferrovia, ma in prospettiva è indispensabile accrescere i benefici economici e il valore aggiunto in loco, ormai il vero indicatore del successo durevole di un porto. Quel che conta non è tanto l’occupazione diretta delle attività portuali, in calo a causa dell’automazione e delle economie di scala, ma l’occupazione e il valore aggiunto delle attività indotte o attratte dal porto, il cui insediamento dipende assai più dalle scelte delle altre imprese e delle Istituzioni che dalle linee di traffico marittimo. Non riuscire a rilanciare in maniera adeguata il Porto di Gioia Tauro significherebbe perdere circa 3.000 posti di lavoro in aggiunta alle infinite opportunità che un polo logistico e intermodale nel cuore del Mediterraneo potrebbe offrire ai neolaureati calabresi. Nei prossimi anni la differenza la farà la capacità di creare sul territorio intorno al Porto, un contesto di eccellenza – fatto di imprese, Istituzioni, formazione e capacità innovativa – che ponga ancora il porto come polo trainante per la logistica, cuore strategico dell’economia globale del secolo XXI. Il porto dovrà puntare a mantenere la leadership di attività knowledge intensive, come ad esempio l’organizzazione del ciclo logistico, il commercio, le telecomunicazioni, la governace che pongono l’accento sulla cultura trasportistica e logistica e sulla conseguente attività di ricerca e sviluppo, di capacità di apprendimento e di introduzione di processi innovativi, dovrà favorire la competizione e la pluralità dell'offerta, piuttosto che sulla mera esecuzione di procedure operative ormai altamente standardizzate e fortemente specializzate.