Lectio Magistralis di Lupacchini a Rende tra mafia economia filosofia e politica
Si è svolta nei giorni scorsi all’Università rendese, davanti a oltre 300 studenti, la Lectio Magistralis del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro, Otello Lupacchini su: “Corruzione, mafie e terrorismo, volti demoniaci del neoliberismo”, nell’ambito del corso universitario di Pedagogia dell’Antimafia del Dipartimento di Culture, Educazione e Società.
Lupacchini è stato premiato per la sua costante attività di contrasto alle mafie e alla corruzione dal Rettore Gino Crisci, alla presenza del Vicedirettore del Dipartimento di Culture, Educazione e Società Maria Mirabelli, e del Presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, Domenico Introcaso. La Lectio è stata introdotta da Giancarlo Costabile, docente del corso e responsabile didattico del Laboratorio di Pedagogia dell’Antimafia.
Nella sua appassionata lezione, il Procuratore Lupacchini ha ricostruito su base scientifica lo stretto legame che esiste tra ideologia neoliberista e cultura mafiosa intesa come categoria concettuale. Attraverso una vasta e documentata bibliografia che ha preso in esame le fonti teoriche della scuola neoliberista composta da von Hayek, von Mises, Rueff, le teorie classiche del liberalismo Locke, Hume, Mill, Washington, le analisi di Hegel, de Mandeville, Nietzsche, le opere teatrali di Gay e Brecht, Lupacchini ha ripercorso l’evoluzione del capitalismo e la sua trasformazione in sistema produttore di disuguaglianze sociali su scala globale, processi che hanno fortemente accentuato la crisi della democrazia e dell’idea stessa di Stato.
“Se la politica, - ha spiegato il Procuratore Generale di Catanzaro - si gioca tutta nei termini ‘imposti’ dal realismo, ovvero in quelli del monopolio della forza fisica e dell’efficacia di tale forza come fondamento ultimo di legittimità di un potere, non si può precludere ai mafiosi, in quanto anch’essi detentori di risorse di violenza, di diventare attori politicamente competitivi”. La ripresa di una definizione aristotelica di politica capace di regolare i confini tra pubblico e privato, e la necessità di tutelare la nozione teorico-pratica di spazio comune e bene pubblico, sono luoghi essenziali per tutelare l’esistenza umana da forme di «totalitarismo senza difesa”.
Le mafie si inseriscono in questa continua decostruzione politica del pubblico, attraverso forme significative di privatizzazione dei servizi statali, esponendo in tal modo il cittadino alle pressioni sociali di una pedagogia mercantile destinata a compromettere ogni idea di bene comune.
“Le mafie, - ha sottolineato Lupacchini - sono una sintesi originale di totalitarismo politico e mercantile”. Contrastare le mafie oggi significa, soprattutto, affrontare i nodi della crisi democratica nel Paese e su scala globale, recuperando il primato delle relazioni etiche su quelle mercantili.