Reggina Calcio Spa. Contestata la bancarotta fraudolenta, scatta il sequestro per Foti e Ranieri

Reggio Calabria Cronaca
Pasquale Foti

Un sequestro beni per un valore di poco più di 3 milioni di euro, finalizzato a cautelare e così soddisfare le pretese erariali, ha colpito le disponibilità liquide e gli immobili di proprietà di Pasquale Foti e Giuseppe Ranieri, rispettivamente, il primo presidente del Consiglio d’Amministrazione ed “amministratore di fatto”, ed il secondo amministratore unico della Reggina Calcio Spa, società calcistica fallita l’8 giugno del 2016.

Il provvedimento è stato disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale locale, su richiesta della Procura diretta da Giovanni Bombardieri, dopo un’articolata attività investigativa eseguita dagli Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza.

Gli investigatori ritengono di aver accertato che Foti e Ranieri, in concorso tra di loro e anche con altri, siano responsabili di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale; di non aver versato l’Iva; di aver utilizzato ed emesso fatture per operazioni inesistenti e di truffa aggravata ai danni dello Stato.

In pratica, e sempre secondo gli inquirenti, entrambi avrebbero distratto e nascosto beni della società sportiva appropriandosi, tra il 2010 ed il 2015, delle ritenute Irpef operate e non versate, un importo quantificato in circa 740 mila euro.

L’IVA NON PAGATA PER QUASI 7 MILIONI DI EURO

Inoltre, avrebbero trattenuto e non pagato l’Imposta sul Valore Aggiunto per alcuni anni fiscali: nel 2009 per 846 mila euro; nel 2010 per 443 mila; nel 2011 per oltre 1,2 milioni; nel 2012 per 2,1 milioni; nel 2013 per 1,8 milioni e nel 2014 per 573 mila euro.

A Foti e Ranieri viene anche contestato di aver distratto 580 mila euro, contabilizzati come “prestito socio”; così come di aver simulato il pagamento di operazioni ritenute inesistenti, distraendo - nel periodo 2006-2014 - oltre 3,6 milioni di euro di risorse sociali.

I LAVORI ALLO STADIO E IL CREDITO RITENUTO “FASULLO”

E ancora, di aver falsificato - ai danni dei creditori e per procurarsi un “ingiusto profitto” - i libri e le scritture contabili, “tenendoli in maniera - spiegano le fiamme gialle - da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari” iscrivendo a bilancio, ad esempio, un credito verso il Comune per delle migliorie apportate allo Stadio “Oreste Granillo”.

Un importo, questo, da quasi 3 milioni di euro, che per gli investigatori però sarebbe stato inesistente dato che la maggior parte dei lavori e degli impegni contrattuali assunti non sarebbero stati rispettati.

Inoltre, dopo le compensazioni tra le parti, sarebbe stato invece il Comune di Reggio Calabria a vantare esso un credito nei confronti della società fallita.

IL MARCHIO VALUTATO 6,5 MILIONI INVECE CHE 75 MILA EURO

Un’altra contestazione mossa ai due amministratori è quella relativa poi al valore del marchio, che nell’esercizio 2015/2016 e in piena cessazione delle attività sportive, sarebbe stato indicato in 6,5 milioni (al lordo dell’ammortamento), a fronte di un valore effettivo, a quell’epoca, stimato in non più di 75 mila di euro.

Infine, la tesi è che entrambi e “con operazioni dolose” avrebbero causato il fallimento della Reggina Calcio Spa, finanziando sistematicamente l’attività d’impresa non pagando i debiti erariali.

In base del provvedimento di oggi, così, i finanzieri hanno sequestrato 69 immobili, tra terreni e fabbricati, e partecipazioni societarie in quattro imprese, oltre che disponibilità finanziarie riconducibili ai due, per un totale – come dicevamo – di 3 milioni e 167 mila euro.