Intelligence italiana all’estero e rapporti tra Occidente ed Oriente: se ne parla a Rende
“L’interesse nazionale è stato perseguito dai nostri Servizi all’estero molte volte in modo estremamente efficace”. Così il Presidente della Società Italiana Militare e professore dell’Università “Cattolica” di Milano Virgilio Ilari introducendo la sua lezione “I servizi di intelligence italiani all’estero: l’interesse nazionale” in occasione del Master in intelligence dell’Università di Arcavacata, diretto da Mario Caligiuri.
“Le politiche nazionali dell’intelligence - ha detto Ilari - dopo la seconda guerra mondiale si sono svolte nel periodo della guerra fredda in cui il nostro Paese faceva parte dell’Alleanza Atlantica. L’Italia è ancora oggi la seconda potenza industriale d’Europa e per noi è fondamentale la politica energetica”.
“La politica estera della Prima Repubblica ha sempre saputo contemperare il principio cardine del multeralismo e della salvaguardia della sicurezza internazionale, con la tutela degli interessi nazionali. E non poche covert operations svolte dai nostri servizi di intelligence hanno contrastato gli interessi dei nostri partners soprattutto Francia e Gran Bretagna, ma anche Germania, Stati Uniti e Israele, nei rapporti con l’Unione Sovietica e nelle aree che l’Italia giudicava strategiche e vitali (Europa Orientale, Balcani, Medio Oriente, Nord-Africa)”.
E in tale ambito i nostri Servizi hanno svolto un ruolo determinante, smentendo sia la lettura della “sovranità limitata” che quella del “doppio Stato”. Tra i tanti episodi citati dal professore ci sono quelli dell’addestramento dei militari israeliani subito dopo la proclamazione dello Stato di Israele, la formazione dei combattenti del Fronte Nazionale Algerino nella base di Capo Marrargiu, la nostra posizione nella spedizione militare di Suez del 1956, il nostro atteggiamento nei confronti del tentato colpo di Stato contro il leader albanese Enver Oxa, i nostri economici e commerciali con l’Unione Sovietica soprattutto attraverso la Fiat e l’Eni e la diplomazia sotterranea del Pci, la politica estera italiana riguardo alla questione palestinese tramite esponenti politici come Giulio Andreotti pe Aldo Moro, le relazioni con la Jugoslavia non allineata di Tito nonostante la questione di Trieste, il colpo di stato in Libia del 1969 effettuato da Gheddafi e Jalloud che erano stati addestrati in Italia e poi i nostri contatti costanti con il rais libico che intervenne anche negli anni Ottanta nel salvataggio della Fiat investendo 4mila miliardi di lire dell’epoca.
In definitiva, ha detto Ilari che “l’attività di intelligence di oggi è assai diversa rispetto al passato in quanto il tema principale è selezionare le informazioni, che non solo sono oggetto di raccolta ma anche di commercio.
La seconda lezione della giornata è stata tenuta dal Direttore del Laboratorio Calabrese del Mediterraneo lslamico dell’Università di Arcavacata e Componente del Comitato Scientifico del Master Alberto Ventura sul tema “La civiltà islamica e l’attività di intelligence”.
Il professore ha esordito parlando del recente attentato di Strasburgo, evidenziando che il fenomeno del fondamentalismo va innanzi tutto compreso nella sua dimensione storica e culturale. Ha poi sostenuto che nel mondo islamico convivono divisioni profonde”.
Ricostruendo le vicende, ha spiegato la “convergenza tra la dinastia Saudita e il pensiero wahabbita, rivolto a un ritorno alle origini della predicazione di Maometto. Dal 1932 in poi, l’Arabia Saudita per legittimarsi ha perseguito a livello internazionale i rapporti con il Regno Unito e con gli Stati Uniti, mentre nel mondo islamico ha investito notevoli risorse economiche per promuovere una visione più tradizionale e rigida del Corano. Il punto di svolta è avvenuto nel 1979 con l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica. I talebani, finanziati dall’Occidente, hanno proseguito la loro ribellione anche dopo il ritiro dei russi, con l’obiettivo di aspirare al potere politico nei paesi musulmani”.
“Vista l’inefficacia delle azioni condotte negli anni Ottanta, Obama Bin Laden e Al Zawahiri elaborarono la dottrina del “nemico lontano”, identificato con i paesi occidentali che sostenevano i paesi musulmani moderati che rappresentavano il “nemico vicino”. Questa impostazione ha poi portato agli attentati dell’11 settembre e, attraverso un’altra serie di trasformazioni, alla nascita dello Stato islamico. Tra i due estremi del fondamentalismo e del moderatismo, che poi non è altro che l’adesione allo stile di vita dell’Occidente, secondo Ventura c’è una terza alternativa che considera maggioritaria nel mondo islamico e che è rappresentata dall’Islam tradizionale che è rigoroso ma non rigorista e che non considera l’Occidente come un nemico. Per il professore occorre investire nell’educazione, affiancando nei percorsi di studio anche la conoscenza del mondo islamico, e nell’informazione, che dovrebbe rappresentare i fatti con maggiore profondità e ampiezza invece di ripetere costantemente gli stessi stereotipi.”
Infine Ventura ha affermato che in tale quadro le “attività di comprensione e previsione dell’intelligence risultano fondamentali. Dopo la pausa natalizia, le lezioni riprenderanno il 12 gennaio alle 8.30 con la lezione del Presidente Emerito della Corte Costituzionale Antonio Baldassarre e “La sicurezza nazionale nei valori della Costituzione” e alle 13.30 con la lezione del deputato e magistrato Cosimo Ferri su “I rapporti tra Intelligence e magistratura nella cornice costituzionale”.