Teste mozzate e “attacchi” alle forze dell’ordine: stop alla mafia viterbese, a capo un calabrese

Calabria Cronaca

Il modo d’agire della ‘ndrangheta calabrese e l’inclinazione violenza della criminalità albanese: un mix esplosivo che ha creato un vero e proprio clima di terrore, di soggezione in un territorio che credeva, a torto, di essere immune dalle ingerenze mafiose.

Così non era, però, almeno stando ai risultati delle investigazioni condotte dai carabinieri di Viterbo che stamani hanno fatto scattare un’operazione con la quale hanno portato in carcere undici persone, mentre altre due sono state invece poste ai domiciliari.

Le accuse contestate a vario titolo vanno dall’associazione di tipo mafioso, alle estorsioni, ai danneggiamenti, agli incendi, oltre che al furto, ai tentativi di rapina, alle lesioni personali, il favoreggiamento personale, l’illecita concorrenza con violenza o minaccia, la detenzioni di armi comuni da sparo.

LE INDAGINI - eseguite prima con la direzione dalla Procura della Tuscia e poi di quella della Dda di Roma, e coordinate dai pm Michele Prestipino e Giovanni Musarò - avrebbero luce su un sodalizio criminale al cui vertice vi sarebbero un calabrese, Giuseppe Trovato, detto Peppino; e un albanese, Ismail Rebeshi, conosciuto come Ermal.

Secondo gli inquirenti per controllare il territorio viterbese non avrebbero esitato ad usare “sistematicamente” la violenza e i metodi prettamente mafiosi.

Come nei casi di continui atti intimidatori, circa una cinquantina quelli ricostruiti dagli inquirenti a partire dal gennaio del 2017.

Tra quelli più “eclatanti” i militari citano il caso di un commercialista viterbese a cui sono state incendiate di notte due auto e ne è stata danneggiata anche una terza, vedendosi tra l’altro recapitare una lettera minatoria contenente alcuni proiettili; o facendogli trovare addirittura la carcassa di un animale selvatico.

E poi i negozi di compro oro, concorrenti di Trovato (che è titolare di tre attività simili), che si sono visti presi di mira; uno in particolare a cui sono state incendiate due vetture ma, cosa più macabra, a cui sono stati appesi all’ingresso dell’attività ben tre teste di maiale con i proiettili in fronte o posizionati lumini funebri accompagnati da frasi minatorie scritte sulla vetrine.

Un altro ancora, sempre un rivenditore di preziosi usati, a cui hanno incendiato l’abitazione dove viveva con la madre anziana e morta qualche giorno dopo.

Insomma un clima di tensione, continua, per imporre il proprio dominio sul territorio, soprattutto nel mercato degli stupefacenti ma anche in quello dei recupero crediti, dei preziosi usati appunto, o dei locali notturni frequentati da stranieri e di cui si si sarebbe interessato Rebeshi; e, infine, quello dei traslochi, di cui si sarebbe invece occupato un altro albanese, Gabriele Laezza.

Nemmeno le forze l’ordine sarebbero state immuni: le indagini avrebbero difatti scoperto come il gruppo nutrisse un certo rancore nei loro confronti sfociato in pedinamenti per studiarne le abitudini di vita o dando fuoco addirittura alle auto di due carabinieri, tra cui uno che aveva partecipato proprio all’arresto per droga di Rabeshi.

Sventato infine anche un tentativo incendiare la vettura di un agente di polizia che aveva avviato una serie di controlli amministrativi sui Compro oro gestiti da Trovato.