Il controllo della ‘ndrangheta nel comasco e nel lecchese, 40 arresti in Lombardia
È scattata alle prime ore del mattino un’operazione condotta, in tutta Italia e in particolare nelle provincie di Milano, Como, Lecco, Monza-Brianza, Verona, Bergamo e Caltanissetta, dai carabinieri che stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 40 persone indagate per i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi.
L’ordinanza, emessa su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia del capoluogo lombardo, si basa sulle indagini effettuate dal Ros dei carabinieri su tre sodalizi della 'ndrangheta che sarebbero radicati nelle aree del Comasco e del Lecchese e che, secondo le indagini, si sarebbero diffusamente infiltrati nel tessuto locale.
I sodalizi, inoltre, manterrebbero forti collegamenti con le cosche calabresi di origine. In una campagna della provincia di Lecco sarebbe stata filmata dai Ros una riunione di affiliazione durante la quale è avvenuto il cosiddetto conferimento di “doti” all’interno del clan.
L’inchiesta è seguita dai Pm Paolo Storari e Francesca Celle e coordinata da Ilda Boccassini, capo dell’antimafia milanese. 39 le persone arrestate (su ordine del gip Simone Luerti), mentre tre indagati sono stati fermati in Calabria.
L’intercettazione dell’affiliazione è un fatto unico nella storia delle indagini sulla ‘ndrangheta. A prescindere che la stessa sia avvenuta non in Calabria ma in piena Lombardia, finora solo qualche collaboratore di giustizia aveva raccontato dei rituali sia di affiliazione che di conferimento di promozioni nel clan o gli stessi erano stati ricostruiti sulla base di qualche sequestro. In questo caso invece, i Ros hanno documentato per la prima volta ed in diretta delle riunioni di vertice. In una di queste intercettazioni, destinatario del conferimento sarebbe stato un giovane minorenne figlio di un affiliato.
11:03 | "Nel nome di Garibaldi, Mazzini, Lamarmora" si giura per diventare "saggio fratello": è il rito documentato in un video registrato da una telecamera nascosta e diffuso dai Ros che hanno arrestato una quarantina di persone e sgominato tre sodalizi della 'ndrangheta radicati nel Comasco e nel Lecchese.
"Nel nome di Garibaldi, Mazzini e Lamarmora, con parole di umiltà formo la santa società", si sente pronunciare nel video, mentre gli affiliandi sono ritratti col capo chino, "Dite assieme a me - continua il ‘celebrante’ - 'Giuro di rinnegare tutto fino alla settima generazione, tutta la società criminale fino a oggi da me riconosciuta per salvaguardare l'onore dei miei saggi fratelli'". (AGI)
OPERAZIONE “INSUBRIA”, I DETTAGLI
13:33 | Gli indagati nell’operazione denominata “Insubria” sono esattamente 38 di cui 35 in carcere e 3 ai domiciliari. Gli arresti scaturiscono dall’indagine diretta da Ilda Boccassini, Procuratore Aggiunto della Repubblica coordinatore della Dda di Milano, e dai Sostituti Procuratori Paolo Storari e Francesca Celle.
L’indagine “Insubria”, che è stata avviata negli ultimi mesi del 2012 e condotta dal Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri (Ros), ha riguardato le tre “Locali” di ‘ndrangheta radicate nelle province di Como (le cosiddetta “Locali” di Cermenate e Fino Mornasco) e di Lecco (“Locale” di Calolziocorte). Fra i reati contestati alle persone arrestate stamani figurano l’associazione di tipo mafioso ed altri gravi delitti – tutti aggravati dalla finalità di agevolare un’associazione mafiosa quali, appunto, la detenzione, porto abusivo e vendita di armi clandestine, nonché estorsione e tentata estorsione, anche con l’aggravante della transnazionalità per essere stata compiuta in più di uno Stato (in Italia e Svizzera).
L’attività è durata fino all’estate del 2014 ed è partita da una serie di atti intimidatori ed incendiari ai danni di imprenditori che si sarebbero verificati nel biennio precedente nell’area territoriale comasco-canturina. La tempestività dell’intervento repressivo di oggi costituisce dunque il frutto di una precisa strategia della DDA di Milano, tesa ad abbattere, nell’ambito delle indagini antimafia, i tempi di durata delle varie fasi processuali dall’acquisizione del dato investigativo alla sentenza di condanna.
LE “MANGIATE” ED I RITUALI DI ‘NDRANGHETA
Le tre articolazioni mafiose colpite dall’operazione sono dunque la “Locale” di ‘ndrangheta di Calolziocorte (Lecco), a capo del quale le indagini avrebbero dimostrato esserci Antonino Mercuri detto “Pizzicaferro” e Antonio Mandaglio, detto “Occhiazzi”, rispettivamente ritenuti “capo locale” e “capo società”; il “Locale” di ‘ndrangheta di Cermenate (Come), a capo del quale vi sarebbero Giuseppe Puglisi detto “Melangiana” e Raffaele Bruzzese detto “Gazzosa”, rispettivamente considerati “capo locale” e “capo società”; il “Locale” di ‘ndrangheta di Fino Mornasco (Como), a capo del quale Michelangelo Chindamo, con il ruolo, appunto di “capo locale”.
I Ros ed i militari dei Comandi Provinciali di Como e Lecco, hanno svolto intercettazioni ambientali e telefoniche, osservazioni video, servizi di pedinamento e riscontri documentali e sono certi di aver confermato quella che definiscono “l’arcaica consuetudine degli appartenenti alla ‘ndrangheta di porre in essere riunioni di carattere operativo ed organizzativo, nel corso di eventi conviviali denominati mangiate”. A tal proposito, il dato di assoluta valenza storica, sul piano conoscitivo, investigativo e processuale, è rappresentato dalle eccezionali ed inedite intercettazioni ambientali ed osservazioni video ottenute in occasione di due incontri conviviali avvenuti presso un casolare rurale a Castello di Brianza (nel lecchese), il 12 aprile e il 31 maggio del 2014, cui avrebbero partecipato molti degli affiliati alle tre Locali lombarde coinvolti nell’indagine. In tali occasioni, infatti, oltre alla registrazione in diretta di importanti conversazioni di carattere operativo e strategico, si sarebbe riusciti – con un risultato assolutamente inedito nella storia delle indagini antimafia in Italia – a documentare integralmente (peraltro con registrazioni di particolare qualità e chiarezza fonica) l’intero svolgersi di alcuni tipici rituali di ‘ndrangheta: dalla formazione della società, al battesimo del locale, alla fedelizzazione, fino alle formule complete, interamente pronunciate dagli indagati, per la concessione, ad alcuni affiliati, tutti identificati, delle doti della “Santa” e del “Vangelo”.
Fra le prove più significative emerse i gli investigatori ci tengono a segnalare quelle che riguardano l’identità e la dote ‘ndranghetista di molti degli affiliati alle Locali di Cermenate (CO), Fino Mornasco (CO) e Calolziocorte (LC); la perdurante esistenza del sovraordinato organismo ‘ndranghetista denominato “La Lombardia”, cui sarebbero devoluti compiti di coordinamento delle locali presenti nell’intera regione.
LE LOCALI LOMBARDE SEMPRE LEGATE ALLA CALABRIA
Questi nuovi elementi di prova offrono ulteriore ed attualissima conferma alla validità di quanto già accertato dalla DDA di Milano grazie all’indagine “Infinito” del 2010, giunta a sentenza definitiva nel mese di giugno di quest’anno e avrebbero anche dimostrato l’effettiva unitarietà della ‘ndrangheta che si manifesta anche attraverso il fondamentale ed imprescindibile legame che unisce le Locali della Lombardia, a quelle di riferimento in territorio calabrese. Quanto ai reati fine, si sarebbe infine accertata la responsabilità penale di alcuni affiliati di origine calabrese e di alcuni imprenditori di origine lombarda, in ordine a diversi episodi estorsivi, consumati o tentati, nonché sulla detenzione ed al porto di armi clandestine e munizioni.
LE REGOLE TRAMANDATE DI PADRE IN FIGLIO
Ulteriore conferma emersa dall’indagine, sempre secondo gli inquirenti, sarebbe quella che riguarda il tramandarsi, ancora oggi, di padre in figlio, delle tradizionali regole di comportamento mafioso, “che – sostengono gli investigatori - di fatto dimostrano la natura di antistato della ‘ndrangheta, dotata di proprie regole e di una propria impermeabile struttura sub culturale”. Sono infatti risultati numerosi i casi di giovanissimi figli o nipoti di alcuni degli ‘ndranghetisti indagati, introdotti all’associazione mafiosa attraverso veri e propri rituali di affiliazione. In un caso si è addirittura accertata l’affiliazione, avvenuta nel corso dell’indagine, del figlio ancora oggi minorenne di Salvatore Pietro Valente, “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.
LE ESTORSIONI
Fra gli episodi estorsivi, tentati o consumati, accertati nel corso dell’indagine si segnalano poi quello di cui devono rispondere Chindamo Michelangelo e Gentile Antonio, presunti “capo” e “affiliato” del “locale” di Fino Mornasco (CO), in concorso con Giuseppe Bersani, imprenditore metallurgico di origini brianzole, che avrebbero tentato di estorcere 270 mila euro ad un avvocato della provincia di Como e ad un commercialista del Canton Ticino. In particolare, secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini, l’imprenditore Bersani avrebbe dato incarico al capo della locale di ‘ndrangheta di Fino Mornasco di recuperare un credito connesso a pregressi rapporti commerciali tra la ditta del padre di Bersani ed una società olandese, i cui interessi erano stati curati, in passato, dai due professionisti vittime del tentativo di estorsione. Nel contesto di tale vicenda, le intercettazioni ambientali avrebbero tra l’altro consentito di documentare in diretta un sopralluogo presso l’abitazione dell’avvocato comasco, effettuato da Chindamo allo scopo di pianificare un attentato da attuarsi con l’uso di armi da fuoco. L’azione delittuosa è stata scongiurata grazie ad una manovra diversiva attuata con il contributo dei Carabinieri del Comando Provinciale di Como.
Altro episodio, quello di cui rispondono Michelangelo Chindamo e Giuseppe Puglisi, rispettivamente presunti “capo locale” di Fino Mornasco e di Cermenate che avrebbero aver tentato di estorcere 150 mila euro al titolare di un’azienda elettrotecnica di Cermenate.
Gli indagati avrebbero intimidito la vittima inviando alcune missive minatorie contenenti anche alcune cartucce e poi avanzato la richiesta di denaro, R.M., che avrebbero estorto 2 mila euro ad un imprenditore di Lurate Caccivio, titolare di varie aziende tra le quali un’agenzia di viaggi ed una scuola guida.
Come nel caso precedente, gli indagati avrebbero dapprima intimidito la vittima con telefonate e lettere anonime, per poi avanzare la richiesta di denaro, sempre a fronte della loro “protezione”.
Anche in questo caso, come in quello riguardante l’avvocato comasco ed il commercialista svizzero, le intercettazioni ambientali avrebbero permesso di documentare in diretta e quindi scongiurare grazie ad un diversivo, la pianificazione di un attentato con armi da fuoco ai danni dell’agenzia di viaggi di proprietà della vittima e con sede a Villa Guardia. Ancora un caso da evidenziare quello di cui risponde Salvatore Iacopetta, ritenuto “affiliato” al “locale” di Fino Mornasco che avrebbe tentato di estorcere la somma di 8 mila euro all’anno al titolare di una concessionaria d’auto di Fino Mornasco.
L’indagato, in concorso con altri soggetti da identificare, avrebbe dapprima tentato di intimidire la vittima inviando una lettera minatoria ed un sms e avanzato la richiesta di denaro in cambio di “protezione”.
DURANTE LE PERQUISIZIONI condotte questa notte nel corso dell’operazione è stato arrestato in flagranza, per il possesso illegale di una pistola, Massimo Iacopetta, 36 anni, nato a Locri e residente a Vertemate con Minoprio, nella cui abitazione è stata rinvenuta e sequestrata una pistola. Iacopetta era indagato in stato di libertà e destinatario solo di una perquisizione, poiché dalle intercettazioni effettuate durante le indagini sarebbero emersi indizi circa il possesso da parte sua di armi illegalmente detenute.
Sequestrate, inoltre, 2 pistole illegalmente detenute e ritrovate in casa di Antonio Gentile e di Michelangelo Panuccio, entrambi sottoposti a perquisizione in quanto destinatari della misura cautelare in corso di esecuzione. Rinvenuti infine diversi manoscritti contenenti formule di giuramento e di affiliazione alla ‘ndrangheta.
GLI ARRESTATI E I REATI CONTESTATI
Oltre Iacopetta, le persone arrestate oggi, quasi tutte residenti in Lombardia, sono:
Giuseppe Puglisi, inteso “Melangiana”, 53 anni, nato a Messina e residente a Cermenate (CO), operaio, già coinvolto, sebbene poi assolto, nell’indagine del 1994 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “Fiori della notte di San Vito”. Nell’ambito della presente indagine, Puglisi sarebbe emerso come “capo” del “locale di Cermenate”, in possesso della “dote” di “Quartino”.
Antonino Mercuri, inteso “Pizzicaferro”, 64 anni, nato a Giffone (RC) residente a Airuno (LC). Mercuri sarebbe “capo” del “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Padrino”.
Antonio Mandaglio, inteso “Occhiazzi”, 60 anni, nato a Giffone (RC), residente a Carenno (LC), pensionato, già coinvolto, sebbene poi assolto, nell’indagine del 1994 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “Fiori della notte di San Vito”. Sarebbe ritenuto “capo società” del “locale di Calolziocorte”, in possesso di “dote” pari o superiore a “trequartino”.
Michelangelo Chindamo, 61 anni, nato a Palmi (RC), residente a Cadorago (CO), già condannato per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti nell’indagine del 1994 sulla ‘ndrangheta in Lombardia “Fiori della notte di San Vito”. Michelangelo sarebbe “capo” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso della “dote” di “trequartino”.
Angiolino Adduci, 63 anni, nato a Grisolia (CS), residente a Lentate sul Seveso (MB), imprenditore, già condannato ad anni 3 di reclusione a seguito dell’indagine del 1996 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “Fiori della notte di San Vito 2”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso della “dote” di “sgarro”.
Pasquale Ambesi, 55 anni, nato a Oppido Mamertina (RC), residente a Cadorago (CO), camionista. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso della dote di “camorrista di sgarro”.
Giuseppe Monteleone, 25 anni, inteso “Baciulo”, nato a Cinquefrondi (RC), residente a Bregnano (CO), operaio. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso della dote di “camorra”.
Marco Paviglianiti, 30 anni, nato a Cantù (CO), residente a Lomazzo (CO). Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso di una dote allo stato non determinata.
Giovanni Puglisi, 20 anni, nato a Cantù (CO), residente a Cermenate (CO), figlio dell’indagato PUGLISI Giuseppe, “capo” del “locale di Cermenate”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso della “dote” di “sgarro”.
Giuseppe Salvatore Scali, 78 anni, inteso “Tarzan”, nato a Grotteria (RC), residente a Cantù (CO), pensionato, già condannato ad anni 18 di reclusione per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, a seguito dell’indagine del 1994 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “I fiori della notte di San Vito”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso della “dote” di “trequartino”.
Filippo Sciacca, 51 anni, nato a Giffone (RC), residente a Cadorago (CO), operaio. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso di una dote pari o superiore alla “Santa”.
Ivano Bartolomeo Valente, 25 anni, nato a Cinquefrondi (RC), residente a Guanzate (CO), operaio, nipote dell’indagato Puglisi Giuseppe, “capo” del “Locale di Cermenate”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Cermenate”, in possesso della dote della “Santa”.
Marco Condò, 43 anni, nato a Lecco (LC), residente a Sotto il Monte Giovanni XXIII (BG), operaio, fratello degli indagati Ivan e Antonio, entrambi affiliati al “locale di Calolziocorte”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte” con funzioni di “Mastro di Giornata”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.
Giovanni Buttà, 52 anni, nato a Caronia (ME), residente a Calolziocorte (LC), già condannato per omicidio in concorso, operaio. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso di “dote” della “Santa”.
Antonio Condò, 44 anni, nato a Lecco (LC), residente a Torre de’ Busi (LC), camionista, fratello degli indagati Ivan e Marco, entrambi affiliati al “locale di Calolziocorte”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” pari o superiore al “Vangelo”.
Ivan Condò, 39 anni, nato a Lecco (LC), residente a Calolziocorte (LC), camionista, fratello degli indagati Antonio e Marco, entrambi affiliati al “locale di Calolziocorte”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso di una “dote” allo stato non determinata.
Rosario Gozzo, 50 anni, nato a Giffone (RC), residente a Carenno (LC), operaio. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.
Domenico Lamanna, 64 anni, nato a Laureana di Borrello (RC), residente a Calolziocorte (LC), elettricista, già coinvolto, sebbene poi assolto, per i reati di associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti nell’indagine del 1996 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “I Fiori della notte di San Vito 2”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso di “dote” pari o superiore alla “Santa”.
Bartolomeo Mandaglio, 56 anni, nato a Giffone (RC), residente a Vercurago (LC), imprenditore edile, cugino dell’indagato Valente Salvatore Pietro. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.
Luca Mandaglio, 30 anni, nato a Lecco, residente a Olgiate Comasco (CO), cameriere, figlio dell’indagato MANDAGLIO Antonio, “capo società” del “locale di Calolziocorte”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della dote della “Santa”.
Giovanni Marinaro, 54 anni, nato a Caronia (ME), residente a Calolziocorte (LC), imbianchino, già condannato per i reati di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti nell’indagine sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “Wall Street”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.
Nicholas Montagnese, 22 anni, nato a Lecco, residente a Torre de’ Busi (LC), rispettivamente nipote e pronipote degli indagati Salvatore Pietro Valente e Bartolomeo Mandaglio, entrambi affiliati al “locale di Calolziocorte”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della dote di “picciotto”.
Albano Panuccio, 33 anni, nato a Oggiono (LC), residente a Dolzago (LC), operaio, rispettivamente figlio, nipote e cugino degli indagati Albano Panuccio, Antonino Panuccio e Rosario Gozzo, tutti ”affiliati” al “locale di Calolziocorte”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Sgarro”.
Antonino Panuccio, 57 anni, nato a Giffone (LC), residente a Dolzago (LC), operaio, rispettivamente fratello e zio degli indagati Michelangelo Panuccio e Albano Panuccio, entrambi ”affiliati” al “locale di Calolziocorte”. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.
Francesco Petrolo, 56 anni, nato a Giffone (RC), residente a Torre de’ Busi (LC). Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “trequartino”.
Salvatore Pietro Valente, 48 anni, nato a Taurianova (RC), residente a Torre de’ Busi (LC), operaio, cugino dell’indagato Giuseppe Puglisi “capo” del “locale di Cermenate”, e dell’indagato Bartolomeo Mandaglio”affiliato” al “locale di Calolziocorte”; padre dell’indagato minorenne M.B.V. e zio dell’indagato Nicholas Montagnese, entrambi affiliati al “locale di Calolziocorte”; Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.
Vittorio Varrone, 41 anni, nato a Belcastro (CZ), residente a Lecco (LC), operaio. Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso della “dote” della “Santa”.
Fortunato Gallo, 62 anni, nato a Giffone (RC), residente a Carimate (CO), pensionato, già condannato ad anni 4 di reclusione a seguito dell’indagine del 1996 sulla ‘ndrangheta in Lombardia nota come “I fiori della notte di San Vito 2”. Sarebbe considerato “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso della “dote” di “trequartino”.
Antonio Gentile, 38 anni, nato a Cittanova (RC), ivi residente, pizzaiolo, già condannato per reati in materia di stupefacenti, armi e rapina. Sarebbe considerato “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso di una “dote” allo stato non determinata.
Giuseppe Greco, 31 anni, nato a Como, residente a Bregnano (CO), commerciante, già condannato per reati contro la persona. Sarebbe considerato “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso di una “dote” pari o superiore a “camorrista di sgarro”.
Salvatore Iacopetta, 39 anni, nato a Locri (RC), residente a Bulgarograsso (CO), camionista. Sarebbe considerato “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso di una dote allo stato non determinata.
Michelangelo Larosa, 43 anni, inteso “Bocconcino”, nato a Giffone (RC), di fatto domiciliato a Milano, cognato dell’indagato Larosa Giuseppe (Polistena, RC, 20/07/1965), “capo” del “locale di Giffone”. Sarebbe considerato “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso di dote pari o superiore al “Vangelo”.
Bruno Mercuri, 62 anni, nato a Giffone (RC), residente a Bulgarograsso (CO), già coinvolto, sebbene poi assolto, per i reati di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti nell’indagine del 1996 sulla ‘ndrangheta in Lombardia “I Fiori della notte di San Vito 2”. Sarebbe considerato “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso della “dote” della “Santa”.
Alfredo Rullo, 59 anni, nato a Giffone (RC), residente a Cadorago (CO). Sarebbe considerato “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso della dote della “Santa”.
Luciano Rullo, 47 anni, nato a Como, residente a Fino Mornasco (CO), cugino dell’indagato Larosa Salvatore, affiliato al “locale di Fino Mornasco”. Sarebbe considerato “affiliato” del “locale di Fino Mornasco”, in possesso della “dote” di “Vangelo”.
AGLI ARRESTI DOMICILIARI
Giuseppe Bersani, 49 anni, nato a Carate Brianza (MB), residente a Gudo (Svizzera), imprenditore metallurgico. R.M., 46 anni, nato a Como, residente a Olgiate Comasco (CO), imprenditore. Michelangelo Panuccio, 61 anni, nato a Giffone (RC), residente a Dolzago (LC). Sarebbe considerato “affiliato” al “locale di Calolziocorte”, in possesso di “dote” pari o superiore al “vangelo”.
'NDRANGHETA: CHINDAMO, IL CELLULARE È COME AVERE IN TASCA CARABINIERE
h 15:05 | "Avere in tasca un cellulare è come avere in tasca un carabiniere". L'ardita similitudine viene pronunciata da Michelangelo Chindamo, il presunto boss della 'ndrangheta a capo della “locale” di Fino Mornasco (Como), arrestato nell'ambito dell'operazione "Insubria" insieme ad altre 39 presunti affiliati alla criminalita' organizzata. La conversazione, intercettata il 14 luglio 2013 dai carabinieri del Ros e finita negli atti dell'inchiesta della Dda di Milano, dimostra come gli appartenenti alla cosche della 'ndrangheta siano consapevoli dei metodi di indagine utilizzati dagli investigatori della Dda. Nel colloquio, Chindamo parla dello svolgimento di "una riunione di 'ndrangheta ... a Milano" e precisa: "succede che da questa riunione avevano tutto registrato... microspie... tutte... oggi come oggi... in macchina". E ancora: "i cellulari sono ... io dico ... ho in tasca un cellulare ... è come avere in tasca un Carabiniere ... oggi come oggi... non ... di cui oggi come oggi... questa qua era la Boccassini... il pubblico ministero che ha fatto il blitz all'epoca". (AGI)
ATTI, INTIMIDAZIONI ANCHE A SINDACO FINO MORNASCO
h 17:38 | Tra il settembre 2011 e l'ottobre 2012 sono stati posti in essere da esponenti della 'ndrangheta "17 episodi di intimidazione" nel comune di Fino Mornasco (Como), uno anche ai danni del sindaco della cittadina, Giuseppe Napoli. E' quanto emerge dall'ordinanza di custodia cautelare che ha portato a 40 arresti per infiltrazioni della 'ndrangheta nel comasco e nel lecchese. Tra le altre vittime individuate dagli investigatori ci sono, sempre nello stesso Comune, il consigliere comunale Antonio Chindamo e la figlia del consigliere comunale Luciano Introzzi. Sono obbiettivi definiti "politici" dal gip nell'ordinanza di oltre 800 pagine che ricostruisce le prove a carico degli indagati. (AGI)
h 18:11 l Sono ricostruite anche le dinamiche mafiose all'interno del "locale" di Fabrizia, centro delle Serre vibonesi", nell'operazione antimafia "Insubria" della Dda di Milano che ha portato stamane a 40 arresti. Dall'inchiesta emerge infatti che Giuseppe La Rosa, 49 anni, di Giffone - fra i fermati odierni del Ros nell'ambito dell'operazione antimafia - avrebbe partecipato a diverse riunioni di 'ndrangheta per il conferimento di gradi e "promozioni" ad appartenenti alla 'ndrina di Fabrizia.
Tali risultanze investigative vengono legate dagli inquirenti a quanto già emerso nell'operazione "Helvetia" dell'agosto scorso e, ancor prima, nell'operazione antimafia denominata "Crimine 2". Nell'ambito di tali operazioni era infatti emerso il "prestigio" mafioso della 'ndrina di Fabrizia che, attraverso Giuseppe Antonio Primerano (già condannato quale vertice indiscusso del "locale" di Fabrizia nel processo "Crimine"), avrebbe dato l'autorizzazione ad aprire "locali" di 'ndrangheta in Germania ed in particolare nella cittadina tedesca di Singen. Tale "locale" tedesco, secondo gli inquirenti, avrebbe agito sotto le direttive di quello presente a Fabrizia, nel Vibonese. Delle spinte "espansionistiche" del "locale" di Fabrizia in terra tedesca si sarebbe inoltre discusso il 26 dicembre 2008 durante un incontro a Rosarno tra Domenico Oppedisano, indicato come il capo della "Provincia" reggina, e Giuseppe Primerano. (AGI)
h 19:05 l "Visto che ancora non hai dato riscontro alle precedenti lettere adesso arriverà un'amara sorpresa. Finirai con la sedia a rotelle, porco". Così Michelangelo Chindamo, capo della 'locale' della 'ndrangheta di Fino Mornasco, e altre persone, si rivolgono al titolare di un'agenzia di viaggi per estorcergli subito duemila euro e fargliene promettere altri duemila. Minaccia accompagnata poi da una busta contenente cinque proiettili. E' solo una delle tante intimidazioni 'raccontate' nell'ordinanza di custodia che ha portato all'arresto di una quarantina di persone presunte affiliate alle locali presenti nelle province di Como e Lecco.
L'uomo, sottolineano gli inquirenti, invece di denunciare si è rivolto a un altra persona vicina alle cosche per farsi 'proteggere'. In un'altra occasione, al titolare di una società attiva nel campo delle automobili, gli indagati fanno arrivare questo messaggio che accompagna i 'soliti' proiettili in busta: "Non è uno scherzo. La polizza annua è di 8000 euro e prepara 4mila euro subito. Ci faremo vivi noi, è una polizza che comprende le vostre famiglie. Non vi rivolgete alle forze dell'ordine". Implacabile anche il tono usato nei confronti di un altro imprenditore: "E' arrivato il tuo turno per il pagamento di 150mila euro. Perciò hai trenta giorni di tempo per recuperarli. Dopodiché tramite messaggio o telefono ti diremo come e dove dovrai portarli. Devono essere banconote di grosso taglio. Per la tua sicurezza non avvisare le forze dell'ordine. Perché sappiamo tutto di te e non abbiamo nulla da perdere per farti la festa". I rapporti tra presunti affiliati alla 'ndrangheta e imprenditori sono uno dei temi portanti dell'ordinanza: da un lato si sottolinea la violenza intimidatoria dei primi, ma viene anche ribadita l'omertà che spesso caratterizza il comportamento dei secondi che "nella quasi totalità dei casi", pur se vittime, non denunciano o addirittura si fanno aiutare nel recupero dei crediti.
Per la Procura di Milano "il meccanismo utilizzato è spesso quello dell'estorsione - protezione: mentre nell'estorsione classica l'erogatore del denaro si limita a subire un danno patrimoniale, nell'estorsione - protezione l'estorto riceve una sorta di vantaggio, cioè la protezione". In particolare, nel comune di Fino Mornasco il gip annota che c'è una situazione di "rilevante allarme sociale" con numerosi episodi di intimidazione a colpi anche di arma da fuoco. (AGI)