“Gioco d’azzardo” coi fondi pubblici, sigilli ai beni dell’ex presidente di Fincalabra
Ammonta a poco più di un milione e mezzo di euro il valore dei beni cautelati nel febbraio scorso dalla Guardia di Finanza a carico al numero uno della Fincalabra, Luca Mannarino, e su cui oggi la Corte dei Conti - guidata dal Procuratore regionale Rossella Scerbo - ha confermato il cosiddetto “sequestro conservativo”.
Si tratta in particolare di 14 immobili e di conti correnti dell’allora presidente del Consiglio di Amministrazione dell’azienda.
Il sequestro arriva al termine dell’iter giudiziario che nel dicembre scorso aveva portato alla condanna dell’ex manager, ritenuto responsabile di un danno erariale per l’appunto di oltre 1,5 milioni.
L’accusa gli contesta di aver distratto dei fondi comunitari ad impiego vincolato, utilizzandoli per acquistare strumenti finanziari ad altissimo rischio e così facendo, all’atto del disinvestimento, procurando “un rilevante danno alle casse pubbliche” (LEGGI).
Si tratta di somme che sarebbero state tratte da finanziamenti comunitari ad hoc che la Fincalabra (ente in house della Regione Calabria, ed istituito a sostegno del sistema produttivo regionale) aveva l’obbligo di investire in strumenti finanziari con rating non inferiore ad A+, ovvero sicuri ed a basso profilo di rischio, proprio per evitare che soldi pubbliche venissero dilapidati in prodotti a elevato tasso di volatilità.
Il presidente, invece, nel 2015 avrebbe investito questo denaro, si parla quasi 47 milioni di euro appunto in operazioni finanziarie ad altissimo rischio e che nel giro di sei mesi avevano portato ad una elevata perdita secca sul capitale investito, che la Corte dei Conti ha riconosciuto come un danno erariale.
Il provvedimento rappresenta uno dei primissimi casi di applicazione, su scala nazionale, del cosiddetto Sequestro conservativo “in pendenza dei termini per la presentazione dell’appello”, previsto da un codice di giustizia contabile: in pratica, le somme ritenute oggetto di un danno erariale sono state sequestrate dalla Guardia di Finanza subito dopo la condanna in primo grado, a garanzia del risarcimento per le casse dello Stato.