Le “mamme coraggio” mettono al tappeto i pusher: le loro denunce ne fanno arrestare 57
Mamme coraggio disperate ma forti e determinate a salvare i lori figli dal baratro della tossicodipendenza: è stato anche grazie a loro che i carabinieri di Cosenza hanno potuto assestare un duro colpo al mercato dello spaccio di droga nel capoluogo e nell’hinterland.
Alla fine saranno 57 le persone che - con l’operazione Alarico (LEGGI) - finiranno nelle maglie degli investigatori, tre dei quali minorenni. Per 21 di loro si sono spalancate le porte del carcere, mentre in 26 sono stati messi ai domiciliari e altri 10 sottoposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
LE INDAGINI, come anticipavamo, hanno tratto stimolo ed importanti conferme dall’iniziativa delle diverse madri che, in assenza di risorse familiari per fronteggiare il grave problema della tossicodipendenza dei figli e per recidere i legami di quest’ultimi con pericolosi pregiudicati per procacciarsi quotidianamente lo stupefacente, si sono mostrate determinate a rivolgersi alla Stazione Carabinieri di Cosenza.
Vere e proprie “mamme coraggio”, appunto, che hanno deciso di collaborare con gli inquirenti pur di salvare i loro cari, nella speranza di potergli garantire un futuro migliore.
In particolare, le dichiarazioni fornite dalla madre di un giovanissimo assuntore hanno fatto emergere ed avvalorato ulteriormente le responsabilità di alcuni maggiorenni coinvolti nel traffico di stupefacenti e che, per minimizzare i rischi dell’attività, non esitavano ad impiegare stabilmente i minorenni sia nel trasporto e confezionamento della droga che nel procacciamento dei clienti e nello smercio delle “dosi di strada”.
È proprio in questa delicata fase di sviluppo delle investigazioni che i miliari, ampliando il monitoraggio su altri soggetti e luoghi di spaccio, sono risaliti a tre pusher minorenni, di cui avrebbero evidenziato ben 34 episodi di cessione di stupefacenti, anche di cocaina, e documentando diversi contatti con i clienti assuntori, spesso anch’essi minori, intercettati in prossimità di alcune scuole del capoluogo bruzio.
IL PRIMO SEQUESTRO DI DROGA
L’indagine - condotta dalla Stazione di Cosenza Principale, coordinata dal Procuratore della Repubblica Mario Spagnuolo e dal Procuratore della Repubblica per i minorenni di Catanzaro, Alessandra Ruberto - è stata avviata nel settembre del 2016 a seguito dell’arresto in flagranza di un 53enne: nel corso di una perquisizione in casa sua, che si trova nell’area dove insiste la famosa statua di “Alarico”, venne trovato con 1,7 kg di marijuana.
Emerse da subito agli investigatori che quel grosso quantitativo di droga, da cui si sarebbero potute ricavare quasi 7 mila dosi, per un valore stimato in oltre 40 mila euro, non sarebbe stato altro che una piccola parte di un ben più vasto e florido mercato, alimentato dalle inesauribili richieste dei numerosi giovani tossicodipendenti.
Dagli sviluppi i militari sono infatti riusciti a identificare una fitta rete di spacciatori che, incessantemente, con frequenza oraria e dedizione maniacale, e dimostrandosi sempre pronti a soddisfare ogni richiesta, sarebbero stati in grado di rifornire di droghe leggere e pesanti, anche cocaina ed eroina, diverse piazze cittadine e della provincia bruzia.
Le tante intercettazioni eseguite nei confronti dei numerosi indagati, confortate anche da importanti riscontri e sequestri a carico dei coinvolti, sia pusher che assuntori, hanno fatto via via emergere i canali di approvvigionamento e una sempre più intricata rete di collegamenti, che si dipanava lungo le diverse piazze di spaccio del capoluogo e nei comuni di Cerisano, Spezzano della Sila, Celico e Carolei.
In città, in particolare, parliamo dei vicoli del Centro Storico, tra Piazza Valdesi e Piazza Piccola, e in Piazza Riforma, Piazza dell’Autolinea, Piazza dei Bruzi, Villetta di Via Roma, Rialzo (viale Mancini), Piazza San Nicola, Villa Giulia, Viale Alimena, Villa Nuova, Via Reggio Calabria.
In molte delle queste aree gli inquirenti vi hanno piazzato delle telecamere immortalando centinaia di incontri fugaci e repentini scambi di dosi e denaro.
LE DOSI NASCOSTE NEGLI SLIP DI UN MINORENNE
Davanti all’evidenza della gran mole di prove raccolte, molti dei tossicodipendenti (226 quelli identificati e di cui 30 minorenni), sentiti dai carabinieri hanno ammesso di aver acquistato a più riprese stupefacente dagli indagati, rendendo informazioni assolutamente collimanti con quanto emerso dalle attività tecniche sulle modalità dello spaccio, sui luoghi delle cessioni, i prezzi praticati, permettendo anche il riconoscimento fotografico dei presunti spacciatori.
La gran parte dei coinvolti nel “giro” sono risultati anche legati profondamente agli ambienti criminali, al punto che il Gup, nel fornire una puntuale connotazione, in particolare su quelli che avrebbero un notevole spessore delinquenziale, ha sottolineato testualmente che “benché gravati da plurime condanne, misure cautelari e di prevenzione, hanno incessantemente portato avanti le loro imprese criminali, quasi indifferenti e insensibili al rischio di controllo o di repressione delle Forze dell’ordine”.
In uno dei tanti riscontri eseguiti, gli investigatori, notata la presenza di due pusher maggiorenni in compagnia di uno dei minori all’interno di un circolo ricreativo cosentino, hanno eseguito un minuzioso controllo ritrovando cinque dosi di hashish di diversa pezzatura, per un ammontare complessivo di oltre 18 grammi, nascosti addirittura negli slip del minorenne, oltre a 280 euro in due mazzette, ritenute il provento dello spaccio.
Questo dato ha rappresentato un’ulteriore conferma del quadro probatorio già delineato che vede i minori “porsi costantemente al servizio di alcuni degli indagati maggiorenni”.
Addirittura in un caso, uno degli spacciatori, sebbene anch’esso ancora non maggiorenne, in concorso con il padre, ha assunto perfino un atteggiamento estorsivo: con pesanti minacce ha tentato di incutere timore nei suoi clienti-assuntori per recuperare i crediti di droga, arrivando anche al punto di percuotere violentemente le vittime e ferirle.
CON UN BACIO DI PASSAVA LA DROGA AI DETENUTI
Altrettanto preoccupanti sono apparsi poi gli stratagemmi utilizzati per introdurre la droga nella Casa Circondariale di Cosenza.
Il tutto avveniva con la collaborazione di mogli e conviventi che, nascondendo lo stupefacente in bocca, avvolto in una pellicola, durante i colloqui lo passavano con un bacio ai familiari detenuti.
Questo particolare sarebbe emerso da delle intercettazioni in cui uno degli indagati descriveva nel dettaglio ai suoi familiari come attuare lo stratagemma, ideato da un altro detenuto. La droga finiva così non solo a loro, ma veniva anche ceduta agli altri carcerati, in cambio di pacchetti di sigarette.
I NUMERI DELL’OPERAZIONE
Sintetizzando in pochi numeri i risultati delle indagini, i carabinieri sono riusciti dunque a registrare ben 374 episodi di cessioni di droga, identificando 226 assuntori, di cui 30 minorenni.
Sequestrati inoltre 6,2 kg. di marijuana, 2 di hashish, 50 grammi di cocaina e 70 di eroina ed arrestati in flagranza alcuni dei di pusher; 22 invece gli assuntori segnalati alla Prefettura bruzia.
In aggiunta al già grave panorama criminale tracciato, nel corso dell’attività è emersa anche la disponibilità di armi da fuoco da parte di diversi soggetti monitorati, due dei quali arrestati in flagranza di reato: uno nel marzo 2016, a seguito del ritrovamento di una pistola revolver Smith & Wesson, una cal.38 con la matricola abrasa, 8 proiettili dello stesso calibro; di 1,6 kg di marijuana e 100 grammi di hashish.
L’altro episodio risale invece all’agosto 2017, quando il secondo soggetto fu trovato con un fucile da caccia cal.12 e matricola abrasa, relativo munizionamento, oltre 1,7 kg. di marijuana, 500 grammi di hashish e 20 di cocaina.
Armi che gli indagati hanno tentato di nascondere con particolare attenzione, come comprovato dall’incredibile scoperta effettuata in una perquisizione risalente a novembre del 2017: nel corso dell’attività i Carabinieri avevano infatti individuato un foro, realizzato appositamente da un pregiudicato, nel pavimento del suo appartamento per consentire un diretto collegamento con l’abitazione sottostante, dove gli occupanti - una donna ed il figlio minore, entrambi sottoposti a misura cautelare - avrebbero potuto celare armi e droga in caso di controlli delle forze dell’ordine.
LE ARMI E L’IDEA DI UN AGGUATO
In diversi altri episodi sono stati documentati il porto clandestino di pistole perfettamente funzionanti che, come rilevato dalle intercettazioni registrate, “…avrebbe dovuto essere utilizzata per commettere un agguato…”.
In particolare, in una circostanza uno degli indagati, nel rivolgersi esplicitamente al suo complice, gli rammentava l’esigenza non solo di muoversi armati, ma di farsi trovare pronti all’azione, ovvero con il colpo in canna (“…hai già messo il coso in canna..”, “…e devi girare la pistola con il colpo…”).
Gli stessi soggetti, a riprova della caratura criminale, avrebbero pianificato anche di utilizzare una pistola per sparare ad un altro malvivente per futili motivi, dicendo con agghiacciante freddezza “..questi quattro na bastano… a bucarci proprio un piede”.
LA RAPINA AL SUPERMERCATO
L’articolato quadro accusatorio si completerebbe con una lunga serie di reati contro il patrimonio. Tra gli arrestati figura anche uno degli autori della rapina consumata il 16 luglio 2016 ai danni del supermercato Carrefour di via G. Marconi a Cosenza.
Allora, due individui travisati ed armati di pistola, avevano portato via l’intero incasso giornaliero, mille euro, per poi sparire tra le vie limitrofe a bordo di una moto.
Le indagini dei Carabinieri avrebbero portato ad individuare anche i componenti di due distinti gruppi criminali, ritenuti responsabili di 11 furti in abitazioni in zone rurali e cittadine, e la cui refurtiva - oro, oggetti preziosi e attrezzi agricoli per un valore di circa 15 mila euro - è stata in parte recuperata e restituita ai legittimi proprietari.
LE BANCONOTE FALSE “COMPRATE” A NAPOLI
Inoltre è stata accertata un’attività di spendita di banconote false, di vario taglio, da parte di sei pregiudicati cosentini. Decisivo in questo senso l’apporto di alcuni titolari di esercizi commerciali che, alla vista delle banconote contraffatte, spesso del taglio di 10, 20, 50 e 100 euro propinate dagli indagati, avevano immediatamente denunciato i fatti ai Carabinieri.
Secondo quanto emerso dalle indagini, i malviventi cosentini si sarebbero riforniti costantemente delle banconote false a Napoli, così come dichiarato da uno degli stessi nel corso di un interrogatorio davanti agli inquirenti: “Andavamo a Napoli…ho preso 7.000 euro falsi e gli ho dato 350 euro”.
Approvvigionatisi del danaro lo avrebbero poi speso in esercizi commerciali della costa tirrenica, tra Paola, San Lucido, Belvedere e Diamante, ottenendo oltre alla merce acquistata illecitamente, addirittura il resto in banconote originali.
Contestualmente agli arresti i Carabinieri hanno eseguito anche 19 decreti di perquisizione domiciliare emessi dalla Procura nei confronti di altri soggetti indagati in stato di libertà, a vario titolo, per gli stessi reati.