Operazione “Crutch”. Tossicodipendente denuncia i suoi pusher, in 12 in manette

Cosenza Cronaca

Cosenza, Rogliano, Celico, Castiglione Cosentino, Frascati, Sassuolo e Vibo Valentia: è qui che è scattato all’alba di stamani il blitz con cui i Carabinieri hanno eseguito tredici misure cautelari, emesse dal Gip nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione e cessione di stupefacenti, di estorsione, sequestro di persona, rapina aggravata, lesioni personali aggravate, ricettazione, favoreggiamento personale, porto di armi e violazione della sorveglianza speciale (LEGGI).

Per otto di loro si sono spalancate le porte del carcere, altri quattro sono stati invece ristretti ai domiciliari nelle rispettive abitazioni, mentre per un altro è scattato al divieto di dimora nei comuni di Cosenza e Rogliano.

IL 24ENNE IN OSPEDLE PER DELL’EROINA TAGLIATA MALE

L’articolata indagine, condotta dai militari di quest’ultimo centro - e coordinata dal Procuratore della Repubblica Mario Spagnuolo - è partita dopo il ricovero in ospedale di un 24enne roglianese: un malore, avevano affermato i medici, sicuramente causato dal consumo di alcune dosi di eroina tagliata male.

Convinto dai genitori, ormai sfiniti dal cammino di tossicodipendenza intrapreso dal figlio quando era ancora minorenne, il giovane ha denunciato quanto a sua conoscenza ai carabinieri di Rogliano fornendogli l’input per avviare una complessa attività investigativa.

Dagli approfondimenti sarebbe così emerso che i soggetti inizialmente individuati, tutti di Rogliano e dei comuni limitrofi, avrebbero trovato il modo di trasformare la piazza principale e una porzione della villa comunale di un paese della provincia in un vero e proprio market dello stupefacente: qualunque tipo di sostanza era disponibile per i loro clienti e a qualsiasi ora del giorno.

IL “MARKET” APERTO 24 ORE AL GIORNO

Ampi erano anche i margini di guadagno per i pusher: dai 5 euro per una dose di marijuana ai 150 per una scaglia originale di cocaina, passando per i 70 pagati per una dose di eroina e i 100 dovuti per un panetto di hashish, senza farsi mancare anche qualche pasticca di derivazione sintetica.

Concordato l’appuntamento, avveniva lo scambio tra persone sedute al tavolino di un bar del centro storico, tra una stretta di mano e l’altra, confusi fra i passanti e la normalità del quotidiano. La cadenza degli scambi, prevalentemente mattutini, era pressoché oraria.

Le investigazioni, condotte sia tramite l’intercettazione di numerose utenze telefoniche in uso agli indagati che collocando diverse telecamere nel centro urbano di Rogliano, ha portato a certificare ben 203 episodi di cessione di stupefacenti. Oltre mille invece quelli ricostruiti a seguito dei contatti intercorsi tra venditori e acquirenti in un anno e mezzo di indagini.

I PUSCHER “CONSULENTI” E LE CONSEGNE A DOMICILIO

Gli spacciatori, poi, trovavano una soluzione per qualsiasi esigenza: se l’avventore non poteva muoversi da casa per qualunque ragione, lo stupefacente gli veniva consegnato addirittura a domicilio.

I pusher sapevano anche consigliare la sostanza giusta ai clienti indecisi, quasi accompagnando i loro avventori nel consumo di sostanze sempre più invasive e costose: tra i 66 assuntori abituali identificati, purtroppo figurano anche alcuni minorenni.

La gran parte di essi, vista l’imponente mole di materiale probatorio raccolto dai militari, ha ammesso il proprio stato di dipendenza e riconosciuto formalmente i loro spacciatori, fornendo anche dichiarazioni utili per documentare le loro responsabilità.

UN SERIVIO EFFICIENTE, MA SE NON PAGAVI ERANO GUAI

L’efficienza nel servizio offerto dagli spacciatori ai clienti, soddisfacendo con tempestività ogni loro esigenza in termini di qualità e quantità delle sostanze illecite sul mercato, doveva però essere corrisposta anche sul piano economico.

La puntualità dei pagamenti, difatti, era un requisito essenziale non solo per essere considerato un buon cliente ed assicurarsi la regolare fornitura della droga per le necessità future, ma anche per salvaguardare la propria incolumità. Non solo i ritardi nei pagamenti da parte dei tossicodipendenti non erano ben accetti, ma causavano reazioni spesso anche violente da parte dei pusher, capaci di passare dalle richieste alle minacce e poi dalle parole ai fatti.

Talvolta per interposta persona, di solito direttamente: “… più volte mio cognato mi riferiva che se non avessi saldato il debito… mi avrebbe fatto a pezzettini e se la sarebbe presa con la mia famiglia… avevo persino timore di circolare per il paese…” racconta un tossicodipendente ai militari che lo ascoltano.

Nessuno scrupolo, nessuna esitazione: non importava se il tossicodipendente fosse minorenne e in una situazione di difficoltà economica; doveva pagare e risarcire pure il disturbo e l’attesa: “… vuoi fare il grande… se vuoi fare il grande allora… devi fare il corretto e l’onesto che ti conviene…”, intima il pusher ad un minorenne indietro con i pagamenti, schiaffeggiandolo e deridendolo, inconsapevole di essere già monitorato dai militari in quella sera di fine febbraio del 2017.

“Pisellino… mi devi dire perché ti sei comportato in questa maniera… e ti è andata bene che non ti ho mandato ad acchiapparti dentro alla casa a farti rompere il …” e ancora “… i 350 che avanzavi li paghi pure e altri 150 me li piglio per il fastidio…”, così concretizzando una vera e propria estorsione ai danni del minore.

Ciò non bastando, dopo che le sorelle avevano coraggiosamente tentato di difendere il ragazzo intimando di rivolgersi ai Carabinieri, nuove minacce sono state indirizzate al ragazzo “… le sorelle tue non devono ragionare in questa maniera… devono fare le serie… non mettessero di mezzo i Carabinieri perché se no…”.

Non essendo sufficiente incutere timore al ragazzo per rientrare in possesso del proprio denaro, i malviventi avevano pure deciso di mutare il quadro, facendo divenire destinatari dell’estorsione i genitori del giovane: “… attento che hai tre belle figlie… so dove abiti e che macchina hai…” ha intimato il malvivente al padre del ragazzo.

Per timore di ritorsioni, quella stessa sera i genitori del giovane hanno ceduto al ricatto del pusher e gli hanno consegnato la cifra desiderata.

IL DEBITO DEL RAGAZZO, GLI SCHIAFFI AL PATRIGNO

Il gruppo criminale però sapeva anche, laddove ritenuto necessario, passare alle vie di fatto, come accaduto ad un quarantenne cosentino reo di non aver saldato interamente il debito contratto dal figlio della compagna per una partita di droga.

La ritorsione nei suoi confronti è scattata in una gelida serata del novembre 2017; utilizzando come esca una donna in passato vicina all’uomo, la vittima è stata attirata in un parcheggio di Località Piano Lago del Comune di Mangone.

La trappola ha colto la vittima totalmente di sorpresa con schiaffi, calci e pugni. Dopo essere stato violentemente percosso da due persone, l’uomo è stato costretto, con un coltello puntato alla gola, a salire a bordo della propria autovettura: “… se ti comporti bene ti lasciamo libero, non toccare nulla e non fare alcun movimento perché ho una pistola…” gli ha sussurrato uno dei malviventi.

Saliti a bordo con lui i due uomini, sempre mantenendolo sotto la minaccia del coltello, hanno obbligato il malcapitato a condurli presso la sua abitazione ed a consegnare loro quanto avesse di valore: 1.250 euro in contanti, vari monili in oro, due cellulari e persino la sua automobile.

Infine, l’uomo è stato abbandonato malridotto, senza macchina né cellulari per poter chiedere aiuto o recarsi in ospedale.

La vittima è riuscita a rivolgersi ad una vicina di casa e segnalare quanto accaduto ai militari dell’Arma che, intervenuti, hanno sorpreso uno dei malviventi mentre rientrava a casa, ritrovano i cellulari dell’uomo e la chiave della sua autovettura.

La denuncia dell’aggredito ha poi consentito agli uomini della Benemerita di fare piena luce sui fatti accaduti, sino a giungere alle imputazioni di oggi per rapina e sequestro di persona.