I “maghi” dell’incanto: tra “ganci” e professionisti, in tredici anni “pilotate” decine di aste giudiziarie
Un “sistema fraudolento” che di fatto avrebbe condizionato per oltre un decennio le vendite giudiziarie del comprensorio lametino.
Questa la conclusione a cui sono arrivati gli inquirenti che oggi hanno fatto scattare un’operazione che ha portato in carcere una persona, altre undici sono invece finte ai domiciliari e in nove raggiunte da una misura interdittiva dai pubblici uffici o dalla professione (LEGGI).
Tra queste compaiono professionisti come avvocati e commercialisti, ma anche ufficiali giudiziari e funzionari di cancelleria del tribunale della Città della Piana.
Il blitz, scattato alla 5 del mattino, ha visto anche l’esecuzione di 23 perquisizioni domiciliari e dieci locali nei confronti di soggetti che sono residenti nei comuni di Lamezia Terme, Serrastretta, Soveria Mannelli, Gizzeria, Maida, Reggio Calabria e Palmi.
I reati contestati sono quelli contro la pubblica amministrazione, tra i quali la turbata libertà degli incanti, la rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, l’abuso d’ufficio, la falsità ideologica commessa da un pubblico ufficiale, l’induzione indebita a dare o promettere utilità. Ma anche reati contro il patrimonio tra i quali l’autoriciclaggio e l’estorsione.
IL MECCANISMO “FRAUDOLENTO”
L’indagine si è concentrata su delle anomalie relative a numerose vendite giudiziarie - nell’ordine di circa trenta aste pubbliche - che si sono tenute nel corso del 2018 nel tribunale di Lamezia Terme, in particolare presso l’associazione notarile che si trova proprio all’interno del palazzo di giustizia, nell’ambito delle quali sono state rilevate delle turbative per dirottare l’esito finale delle aste a vantaggio degli obiettivi degli indagati.
Le investigazioni, condotte dalle fiamme gialle locali sotto le direttive del Procuratore Salvatore Curcio e del Sostituto Giulia Maria Scavello, avrebbero dunque portato ad accertare l’esistenza di un presunto “meccanismo” al cui vertice vi sarebbe una persona nota nella zona, Raffaele Calidonna (56 anni).
Secondo gli inquirenti l’uomo, in alcuni casi, vi avrebbe partecipato personalmente e in altri si sarebbe avvalso di collaboratori compiacenti, tra cui avvocati e commercialisti, e di “ganci” interni al palazzo di giustizia, o dell’interposizione fittizia di un’agenzia d’affari e servizi “costituita ad hoc” ed intestata alla figlia.
Così Calidonna sarebbe riuscito ad ottenere dei ribassi o delle informazioni preziose e riservate sulle aste giudiziarie dei suoi clienti, risultati il più delle volte debitori esecutati delle stesse.
DAI “GANCI” IN TRIBUNALE ALLE INTIMIDAZIONI
Quando poi le notizie non risultavano utili per il raggiungimento dello scopo, il 56enne avrebbe addirittura avvicinato gli altri offerenti, intimidendoli per farli desistere vantando delle “vicinanze” ed “appartenenze” a delle cosche locali di ‘ndrangheta. Spesso, però, avrebbe stipulato prima degli accordi con i curatori, i custodi e i professionisti delegati alla vendita.
Gli inquirenti si dicono certi di aver acquisito numerosi riscontri sui reati contestati, che fanno ritenere di poter provare i gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati.
Con accertamenti economico-patrimoniali delegati ed eseguiti dalla Guardia di Finanza si sarebbe anche arrivati a ricostruire l’effettiva capacità patrimoniale “accumulata illecitamente” negli anni proprio da alcuni dei coinvolti, che si stima del valore di quasi quattro milioni di euro e sebbene gli stessi dichiarassero dei redditi esigui.
Inoltre si sarebbe scoperta una aggiudicazione “pilotata” di immobili, oggetto delle presunte turbative d’asta, per circa quattro milioni e mezzo di euro.
Quanto al reato di riciclaggio gli investigatori sostengono che Calidonna e i suoi presunti prestanome, dal 2006 ad oggi avrebbero acquistato all’incanto 20 unità immobiliari per un milione di euro, rivendendole poi per un milione e 270 mila euro. Da qui la contestazione del reato, sulla differenza di guadagno di 270 mila euro.
Al termine delle indagini gli inquirenti si dicono anche certi di aver identificato chiaramente i ruoli dei vari personaggi coinvolti, oltre al cospicuo patrimonio immobiliare accumulato illecitamente negli anni dagli indagati
GLI INDAGATI
Raffaele Calidonna (di 56 anni), titolare di fatto dell’agenzia d’affari e servizi, in carcere; Sara Calidonna (30), titolare di diritto dell’agenzia d’affari e servizi, ai domiciliari; Pantaleo Ruocco (63), ufficiale giudiziario in servizio presso l’Unep di Lamezia Terme, ai domiciliari e interdittiva; Antonio Stigliano (68), ufficiale giudiziario in servizio presso l’Unep, ai domiciliari e interdittiva; Massimo Durante (51), commercialista, ai domiciliari e interdittiva; Aldo Larizza (52), commercialista, ai domiciliari e interdittiva; Francesca Misuraca (57), commercialista, ai domiciliari.
E inoltre: Bruno Famularo (42), avvocato, ai domiciliari; Emanuela Vitalone (43), avvocato, ai domiciliari e interdittiva; Giuseppe Benincasa (57), avvocato, ai domiciliari; Eugenio Travaglio (65), ragioniere, ai domiciliari; Carlo Caporale (56), imprenditore, ai domiciliari; Michele Albanese (di anni 62), funzionario di cancelleria presso il tribunale di Lamezia, interdittiva; Sabrina Marasco (50), funzionario di cancelleria presso il tribunale di Lamezia; Oriana Travaglio (37), avvocato, interdittiva; Massimo Sereno (52), avvocato, interdittiva.