La Cooperativa Agorà Kroton sui defunti sfrattati dal cimitero
In questi giorni si parla molto dell’importanza della memoria e di quanto i ricordi, patrimonio personale delle nostre coscienze, ci aiutino a ricostruire il nostro passato, in prospettiva di un futuro migliore. Tutto ciò però, purtroppo, non sembra “smuovere” più di tanto i nostri politici. – Lo scrive in una nota Pino Piero De Lucia Lumeno presidente della Cooperativa Agorà Kroton - Sappiamo tutti, infatti, della stranezza istituzionale di qualche politico locale, di “sfrattare” 634 defunti presenti all’interno del cimitero di Crotone dai primi anni del novecento. Seicentotrentaquattro lapidi che rappresentano un patrimonio culturale ed antropologico importantissimo per la nostra città. Una città, la nostra, che ha sempre fatto della storia un punto di forza. Non possiamo fare a meno di soffermarci sull’importanza che tale luogo riveste come patrimonio umano, per la storia di ogni essere umano e per la storia di ogni famiglia. Io – scrive ancora Pino De Lucia - ho sempre raccontato ai miei figli la storia della nostra famiglia, partendo proprio dalla lapide di mio zio Giuseppe De Lucia Lumeno, uno dei poveri defunti, molto probabilmente, tristemente, destinato ad un sacchetto di plastica… Ma perché mi chiedo, si è deciso di dare questo altro colpo di grazia, ad una città che oramai sembra non avere più memoria storica e di conseguenza nessuna prospettiva per il futuro?
Eravamo convinti che riposare in pace dopo la morte, fosse l’unico diritto che i nostri politici non avrebbero mai potuto toglierci. Eravamo convinti che quel grande patrimonio che è la nostra memoria non poteva essere cancellata. Ma da queste parti nessun diritto è garantito in eterno. Cosa racconteremo alle generazioni future, se le radici delle nostre famiglie sono state estirpate, solo perché i nostri defunti erano semplici cittadini? Già poiché solo le lapidi della povera gente, a quanto pare, spariranno per sempre. Le cappelle più “nobili” invece, probabilmente, non verranno toccate. Come sempre accade nella vita, e soprattutto da queste parti, sono sempre i poveri a pagare il prezzo più alto, anche dopo la morte. Come ricorda il principe Antonio De Curtis nella sua celeberrima “A livella”, che oltre a ricordare che siamo tutti sullo stesso piano in uno dei versi più belli recita: “Perciò, stamme a ssenti nun fa' 'o restivo, suppuorteme vicino - che te 'mporta? Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive: nuje simmo serie... appartenimmo â morte!"