Cassano. Omicidio Armentano, Cassazione condanna due cugini incensurati
La Suprema Corte di Cassazione chiude definitivamente il sipario sull’omicidio di Pietro Armentano, il 61enne ucciso a Cassano Ionio nel maggio 2016.
Gli Ermellini hanno accolto in toto le richieste della Procura Generale e le istanze della parte civile, patrocinata dall’Avvocato Raffaele Meles del Foro di Castrovillari.
La decisione della Cassazione, dopo l’udienza tenutasi lo scorso 3 maggio, rende quindi definitiva la sentenza di condanna, emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, nei confronti di due giovani incensurati, i cugini Andrea e Bruno Falbo, di 29e 27 anni.
I FATTI
L’episodio che ha dato il via al procedimento penale risale alla notte del 31 maggio 2016 (LEGGI LA NOTIZIA) quando, nel territorio cassanese, il 61enne venne sorpreso, insieme ad un altro soggetto rimasto non identificato, all’interno di un capannone presumibilmente intento a sottrarre del gasolio da alcuni mezzi da lavoro appartenenti alla famiglia dei due imputati.
Datisi alla fuga, secondo la ricostruzione accusatoria, uno riuscì a far perdere le proprie tracce mentre Armentano sarebbe stato raggiunto e colpito da diversi colpi che, provocando delle emorragie cerebrali, ne avrebbero determinato il decesso.
IL PROCESSO
Gli imputati, giudicati con il rito abbreviato con l’accusa di omicidio preterintenzionale, erano stati condannati dal GIP del Tribunale di Castrovillari rispettivamente a 4 anni e 5 mesi, e a 5 anni e 5 mesi, oltre al risarcimento dei danni alle costituite parti civili nonché al pagamento delle spese legali.
La condanna era stata poi ridotta dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro all’esito del giudizio di secondo grado. Avverso quest’ultima sentenza, la difesa dei due giovani ha proposto ricorso in Cassazione, dove l’Avv. Meles, difensore della moglie della vittima costituitasi parte civile, ha chiesto il rigetto dei ricorsi e la non applicabilità al caso di specie delle nuove norme in materia di legittima difesa domiciliare.