Da morti continuavano a prendere la pensione, 15 denunciati. Nei guai anche medici e dipendenti comunali
Non a caso gli inquirenti l’hanno voluta chiamare operazione “Vita eterna”: parliamo del blitz eseguito stamani dalla Guardia di Finanza di Locri in collaborazione con gli uffici territoriali dell’Inps, e sotto il coordinamento dalla Procura locale, diretta da Luigi D’Alessio, che avrebbe fatto luce su delle “importanti” irregolarità nell’erogazione di pensioni che sono state percepite da persone risultate però morte.
L’indagine delle fiamme gialle si è concentrata e ha scandagliato un periodo di quasi otto anni, ovvero dal 1° di gennaio del 2010 fino al 31 luglio del 2018.
Una meticolosa e lunga analisi, partita dall’acquisizione di documenti negli enti comunali della locride di circa 6 mila nominativi di soggetti deceduti che, successivamente, sono stati oggetto di accurati approfondimenti investigativi effettuati consultando le Banche Dati della stessa Guardia di Finanza.
È così che, in particolare, si sono scoperte delle evidenti incongruenze sulle posizioni pensionistiche non ancora eliminate e relative, appunto, a persone defunte che, al contrario, risultavano vive e vegete, tanto che esistevano addirittura dei modelli di certificazione unica dei redditi erogati dall’Inps nei loro confronti.
La Procura locale, dopo le prime risultanze segnalate dai finanzieri, ha avviato immediatamente un fascicolo processuale disponendo, al contempo, l’effettuazione di riscontri negli uffici territoriali dell’Istituto di previdenza sociale, così da ricostruire le modalità ed il luogo di pagamento delle somme erogate.
I BANCOMAT DEI DEFUNTI E I PRELIEVI DEI VIVI
Inoltre sono stati avviati degli accertamenti finanziari in diversi Istituti di credito per individuare i soggetti che hanno beneficiato degli accreditamenti delle pensioni.
Secondo gli inquirenti, insomma, sarebbe esistito quello che hanno definito come un “sistema fraudolento” usato dai percettori dell’assegno, che in pratica lo prelevavano con delle carte bancomat intestate al deceduto ed utilizzate fino alla loro naturale validità; bancomat che sarebbero stati intestati agli stessi soggetti cointestatari del rapporto bancario o postale dove venivano accreditate le mensilità delle pensioni non più dovute.
Alla fine le fiamme gialle hanno scoperto diciassette soggetti deceduti, in alcuni casi nel corso del 2011, 2013 e 2014. Per nove defunti l’Inps stava ancora continuando ad pagare le prestazioni pensionistiche, in quanto non era a conoscenza della loro morte.
In un caso, poi, i finanzieri hanno addirittura scoperto come un intimo parente di una persona deceduta nel 2014 sarebbe riuscito, sempre tramite un bancomat, a prelevare dal conto corrente dove veniva accreditata la pensione una cifra prossima alle 100 mila euro.
IL PENSIONATO ERA DECEDUTO MA NESSUNO LO SAPEVA
Gli accertamenti hanno evidenziato come la causa della percezione dell’assegno, anche dopo la morte del legittimo avente diritto, sarebbe da ricondurre sostanzialmente alla mancata comunicazione dei decessi agli uffici competenti: l’Istituto di Previdenza e l’Agenzia delle Entrate.
Effettivamente, sia presso l’Anagrafe-Stato Civile dei Comuni dove erano avvenuti gli stessi decessi, che presso quelli di residenza, le fiamme gialle hanno rilevato come, in alcuni casi, le relative comunicazioni - obbligatorie per leggere e da effettuare telematicamente mediante il sistema Ina-Saia - in realtà non erano mai state presentate.
Alla fine sono state denunciate 15 persone risultate essere i reali percettori delle pensioni ed a cui viene contestato il reato di “Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato”: secondo gli investigatori avrebbero intascato illegittimamente e nel complesso circa mezzo milione di euro. Del tutto è stato interessato l’istituto previdenziale che dovrà ora sospendere i pagamenti indebiti.
Inoltre sono stati segnalati alla Corte dei Conti di Catanzaro diciannove Pubblici Ufficiali, tra dipendenti comunali e medici necroscopi, che non avrebbero comunicato i decessi procurando così un danno economico rilevante all’Inps.