La Locale di San Leonardo, il “cappio” sui villaggi turistici e il potere di un’antica e potente cosca

Crotone Cronaca

Non solo il dominio incontrastato sul traffico di droga tra le province di Crotone e Catanzaro, quanto anche l’usura imposta a diversi imprenditori tanto locali che del Centro Nord Italia.

Ma, soprattutto, un’influenza - ormai pluriennale - sulla gestione dei villaggi turistici della zona ionica, “costantemente” costretti pagare il “pizzo”, così come ad assumere lavoratorivicini” alla cosche e fornitori anche loro “graditi” ai clan. In pratica un “annientamento” del libero mercato e della concorrenza che garantiva guadagni enormi, poi riciclati con investimenti nei settori della ristorazione, dell’edilizia e delle stazioni di rifornimento carburante.

Questo lo spaccato che emerge dall’inchiesta - condotta dalla Dda di Catanzaro - e che stamani ha fatto scattare l’operazione non caso denominata “Malapianta”. Trentacinque le persone finite nelle maglie degli investigatori delle fiamme gialle, con la contestazione di una sfilza di reati tutti aggravati appunto dalle modalità mafiose (I NOMI).

Altre 64 sono state invece denunciate, mentre è stato effettuato un maxi sequestro di beni per un valore complessivo di ben 30 milioni di euro.

Le indagini si concentrano sulla scoperta dell’esistenza di unalocale di ‘ndrangheta” a San Leonardo di Cutro, nel crotonese, che farebbe capo alle famiglie Mannolo, Trapasso e Zoffreo e vanterebbe ramificazioni in Calabria ma anche in Puglia, Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, oltre che all’estero.

La cosca avrebbe agito “in rapporti di dipendenza funzionale” con i Grande Aracri, egemone sulla provincia pitagorica. Altre indagini - condotte nel corso degli ultimi anni - avrebbero infatti portato a ritenere che vi sia stata una crescita di potere e di influenza delle famiglie di ‘ndrangheta san leonardesi. Elementi che troverebbero una conferma nell’operazione di oggi.

I DUE CAPI TRA I “GRANDI DELLA ‘NDRANGHETA”

Al blitz si è così arrivati dopo delle difficilissime indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Crotone, iniziate nel 2017, arrivando oggi a poter confermare l’esistenza della locale, con a capo i Mannolo e Trapasso.

Gli investigatori spiegano che sarebbe stato proprio il boss Nicolino Grande Aracri, nel corso di una conversazione intercettata alcuni anni fa, a sancire l’autorità mafiosa di queste due famiglie sul territorio, oltre che a inserire i due presunti capi, Alfonso Mannolo e Giovanni Trapasso, fra i cosiddetti “grandi della ‘ndrangheta”.

La “locale sanleonardese”, insomma, sarebbe stata e senza dubbio un’organizzazione ben identificata nei contesti criminali crotonesi”.

Un gruppo definito “estremamente coeso, strutturalmente complesso ed altamente organizzato e capace di una grande forza di intimidazione e di assoggettamento, che contava anche sull’omertà.

Dimostrazione - sempre secondo gli investigatori - ne sarebbero le vicende di diversi imprenditori, vittime delle cosche di San Leonardo, che “soffocavano” le imprese e, quindi, impedivano il conseguente sviluppo del territorio.

IL RICONOSCIMENTO DEL “CRIMINE DI POLSI”

Quanto emerso dalle indagini della Dda confermerebbe poi una mole di dati ottenuti dai collaboratori di giustizia e consentirebbe di individuare l’esistenza della locale cutrese a partire almeno dagli anni ’70. Nei decenni avrebbe infatti diversificato la sua operatività passando dal contrabbando di sigarette al narcotraffico, all’usura e alle estorsioni.

Inoltre, apparterrebbe al “Crimine” crotonese-catanzarese e pertanto riconosciuta da parte del superiore “Crimine” di Polsi, in parole povere il vertice assoluto della ‘ndrangheta.

GRATTERI COME FALCONE: LA PAURA DEI MAGISTRATI

Le investigazione avrebbero fatto emergere come il presunto capocosca, Alfonso Mannolo, ma anche gli altri appartenenti avessero paura proprio delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (la cui scelta la giudicavano “vergognosa”), ma soprattutto dei magistrati catanzaresi, verso i quali non si sprecavano in ingiurie, in particolare contro il Procuratore Nicola Gratteri, accostato nei loro commenti a Giovanni Falcone, il magistrato palermitano ammazzato nel ’92 nella tristemente nota strage di Capaci.

La locale di San Leonardo, inoltre, avrebbe avuto una fortissima capacità di controllo e di monitoraggio del territorio per censire presenze sospette di veicoli o soggetti appartenenti alle forze dell’ordine.

I componenti del clan, sarebbero stati inoltre capaci di ottenere informazioni sulle operazioni di polizia imminenti, attraverso una oscura rete di fonti e connivenze.

Non a caso, si è scoperto, effettuassero regolarmente delle attività di anti bonifica per il rilevamento di eventuali microspie o per evitare le intercettazioni dei finanzieri.

Un monitoraggio del territorio che gli inquirenti definiscono in forma militare, e che certificherebbe la capacità di ostacolare e sottrarsi a qualunque forma di investigazione.

LA “RIBELLIONE” DEGLI IMPRENDITORI TURISTICI

Tornando all’asservimento dei villaggi turistici del litorale fra Crotone e Catanzaro, gli inquirenti sottolineano che questo rappresenti “la sintesi di un progetto delinquenziale condiviso” dalle consorterie attive nella circoscrizione criminale di Cutro.

Queste imprese, rappresentative di quello che senza dubbio è il settore economico di maggior importanza sulla zona, avrebbero soggiaciuto al controllo sia pagando milioni di euro in estorsioni, ma anche - e come accennavamo prima - facendosi condizionare nella scelta della manodopera, delle forniture e delle manutenzioni.

In pratica, le cosche nel tempo sarebbero riuscite a imporgli la loro assoluta egemonia su qualsiasi aspetto gestionale, ovviamente che assicurasse un profilo economico.

Proprio le dichiarazioni di diversi imprenditori se per un verso hanno integrato le indagini dei finanzieri, sono anche la dimostrazione che si sia arrivati a un tal punto di oppressione da scatenare un vero e proprio spirito di ribellione alla ‘ndrangheta. “Spirito - sottolineano i militari - che va sostenuto con ogni mezzo”.

IL NARCOTRAFFICO E LA RAFFINERIA A SAN LEONARDO

Tra le principali attività della “locale” di San Leonardo va ricordato poi e senza dubbio quello del traffico di droga, una delle principali fonti di finanziamento dell’associazione.

Sin dagli anni ’90 per le altre cosche del crotonese e non solo i Mannolo, hanno costituito infatti un punto di riferimento per il narcotraffico. In quegli anni venne addirittura impiantata una raffineria proprio a San Leonardo, località giudicata idonea perché facilmente controllabile dalla cosca e quasi impossibile da controllare, di converso, da parte delle forze dell’ordine.

Le indagini dimostrerebbero come i san leonardesi si approvvigionassero di stupefacenti dai clan Vibonesi, Catanzaresi e Reggini, e che si sarebbero dotati di una ramificata rete territoriale per lo smercio, principalmente su Crotone, Isola Capo Rizzuto, Botricello e zone limitrofe della provincia, ma anche a Catanzaro e San Giovanni in Fiore.

Gli investigatori hanno documentato l’acquisto e la successiva cessione di centinaia di chilogrammi di hashish, cocaina ed eroina.

LA BASE OPERATIVA NEL QUARTIERE DEGLI ZINGARI

In particolare, su Crotone la base operativa dello spaccio era situata nel quartiere di via Acquabona: parliamo del “fortino” dove risiedono centinaia di persone appartenenti al gruppo dei cosiddetti zingari del capoluogo pitagorico, caratterizzato da un fitto reticolato di abitazioni, per lo più abusive, connesse da vialetti transitabili solo a piedi, e dove anche donne e bambini fanno da vedette per lo spaccio.

In pratica, la piazza principale della città: un agglomerato in cui si sono creati gruppi criminali i cui capi risultano affiliati alla ‘ndrangheta.

I SEQUESTRI

Come dicevamo, nell’ambito dell’operazione, i finanzieri di Crotone hanno individuato e sequestrato numerosi beni del valore di circa 30 milioni di euro.

Si tratta in particolare di cinque società con sede a Botricello (nel catanzarese) e altrettante a Cutro (nel crotonese), attive in vari settori, dall’edilizia al commercio all’ingrosso e al dettaglio di bevande, materiali per agricoltura, edilizia e una che si occupa di posta privata.

Fra le unità locali di alcune di queste aziende vi sono tre stazioni di rifornimento di carburante in provincia di Crotone e Catanzaro, tre bar e una pizzeria. Inoltre, due autoveicoli e quattro immobili.