Faida del Reventino. Sequestro e confisca ai beni degli Scalise: cautelati 1,2 milioni

Catanzaro Cronaca

Scattano sequestro e confisca per i beni di Pino e Luciano Scalise e degli eredi di Daniele Scalise (che è deceduto). Il provvedimento, eseguito oggi dalla Guardia di Finanza di Lamezia Terme è stato emesso dalla Seconda sezione penale del Tribunale di Catanzaro su richiesta del procuratore Nicola Gratteri, e del Sostituto Elio romano, della Direzione Distrettuale Antimafia.

Tutti i soggetti si ritiene appartengano all’omonima cosca di ‘ndrangheta di Decollatura, contrapposta a quella dei Mezzatesta nella cosiddetta “faida del Reventino”.

Si tratta, quanto a quest’ultima, di una guerra di mafia iniziata di fatto con l’uccisione di Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo (LEGGI), poi continuata con gli omicidi di Daniele Scalise (LEGGI) e Luigi Aiello (LEGGI), culminata con quello del noto avvocato lametino Francesco Pagliuso (LEGGI) e, da ultimo, con l’assassinio a Catanzaro di Gregorio Mezzatesta (LEGGI).

Fatti di sangue che secondo gli inquirenti sarebbero maturati nell’ambito di un contesto criminale ‘ndranghetistico poi svelato dall’Operazione “Reventinum”, scattata nel gennaio dell’anno in corso (LEGGI) e che ha costituto il presupposto su cui il tribunale ha fondato ma misura di oggi.

I sigilli sono scattati in particolare per nove fabbricati del valore di oltre un milione di euro; undici veicoli stimati in 72 mila euro e sei terreni del valore di 34.400 euro: per un totale dunque di 1,2 milioni.

Il provvedimento è stato adottato nei confronti dei tre Scalise ma anche dei quattro eredi del defunto Daniele. Dalle investigazioni, infatti, emergerebbe che i beni nelle loro disponibilità siano di un valore del tutto sproporzionato ed ingiustificato rispetto ai redditi leciti dichiarati ed al tenore di vita mantenuto”.

Le indagini avrebbero anche consentito di mettere pienamente in luce la presunta e “spiccata pericolosità sociale” degli indagati, che si ritiene impegnati in attività criminali e dei cui proventi sia gli stessi che i loro familiari avrebbero “vissuto abitualmente, in modo agiato, per anni”.

E proprio in ragione di questa “pericolosità sociale” è stata inoltre applicata nei confronti di Pino e Luciano Scalise la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per cinque anni.