Furti d’auto e richieste di “riscatto”: imbrigliato il solito “Cavallo di ritorno”, quattro in manette
Ricettazione, furto ed estorsione. Con queste accuse i militari di Cosenza hanno arrestato quattro persone, due finite in carcere e altrettante ai domiciliari, eseguendo un’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale locale.
Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Rende - coordinata dalla Procura - sono la prosecuzione dell’indagine “Scacco al Cavallo” che si è chiusa, nel mese di novembre del 2018, con delle misure cautelari scattate nei confronti di 18 persone appartenenti al gruppo degli “Zingari” (LEGGI).
Alla fine dello scorso anno, nel capoluogo bruzio e dopo l’ennesimo furto di auto, una vittima aveva ricevuto una telefonata da uno sconosciuto, che lo avvertiva come la vettura fosse “in loro possesso” e che se l’avesse voluta indietro avrebbe dovuto recarsi in via degli Stadi, nel villaggio degli zingari, altrimenti l’avrebbero “smontata”.
I Carabinieri hanno avviato le indagini che hanno fatto emergere un’articolata rete di condotte criminali, principalmente furti di mezzi e richieste estorsive con il metodo ormai noto del “cavallo di ritorno”.
I furti erano messi in atto, appunto, da soggetti di etnia rom e aveva la sua base logistica proprio in via degli Stadi.
Il gruppo, operando con ruoli fluidi e interscambiabili tra gli appartenente, avrebbe così gestito le diverse fasi dell’attività: dai furti alla custodia dei veicoli rubati fino ai “rapporti” con le vittime.
DALLA SPARIZIONE DELL'AUTO ALLA SUA CANNIBALIZZAZIONE
Un modus operandi, quello utilizzato, che secondo gli inquirenti era ormai collaudato e consisteva nel rubare le autovetture (per lo più delle utilitarie), nell’area urbana di Cosenza e Rende, in prossimità di centri commerciali o luoghi affollati.
Successivamente veniva contatto il proprietario - individuato tramite i documenti trovati all’interno dell’abitacolo; un contatto che avveniva ovviamente da cabine telefoniche (così da non essere facilmente rintracciabili), e dietro la minaccia di “smontare” l’autovettura, lo si invitava ad andare in via degli Stadi per la successiva richiesta estorsiva.
Il tutto ovviamente non prima di aver concordato la somma da pagare per riavere indietro il veicolo, e che oscillava tra i 200 e i 1.500 euro. Dopo la riscossione dei contanti pattuiti, ai malcapitati veniva così indicato il luogo dove recuperare il mezzo.
Altro affare del gruppo la cosiddetta “cannibalizzazione” delle auto, che consentiva cioè di guadagnare vendendo come pezzi di ricambio le diverse parti smontate, quando appunto le vittime non aderivano alle richieste estorsive.
Nel corso delle attività d’indagine sono stati quindi accertati quattro episodi di furto, seguiti da altrettante estorsioni, e arrestate due persone in flagranza di reato con l’accusa di “furto di autovettura in concorso”.
Inoltre, una delle vittime è stata denunciata in stato di libertà per il reato di “favoreggiamento personale” poiché, scoperta l’estorsione, ha negato l’accaduto, non fornendo alcuna collaborazione allo sviluppo delle indagini, e così favorendo la condotta illecita dei malviventi.