Beccati 8 “caporali”: 16 operai segnalati, due percepivano il reddito di cittadinanza
Operai reclutati e costretti a lavorare in nero, senza le tutele di legge ma anche e soprattutto in condizioni di assoluta insicurezza, senza cioè dispositivi di protezione individuale come calzature antiscivolo, guanti, casco con visiera protettiva.
E poi la paga, se così possiamo definirla, come è ovvio immaginare del tutto diversa da quella garantita, appunto, dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionata rispetto alla qualità e alla quantità del lavoro prestato.
Una “situazione” a cui hanno messo fine, almeno per ora, i finanzieri della Tenenza di Montegiordano che nell’ambito di un’operazione a largo raggio eseguita sul litorale dell’Alto Ionio Cosentino hanno denunciato alla Procura di Castrovillari, diretta Eugenio Facciolla, otto persone accusate di intermediazione illecita di manodopera, ovvero il cosiddetto caporalato, e per lavoro nero.
Contestata anche la truffa ai danni dello Stato, in questo caso perché si è scoperto come due dei sedici operai irregolari - che sono stati a loro volta segnalati - percepissero anche il reddito di cittadinanza.
Le operazioni delle fiamme gialle si sono svolte attraverso degli interventi “mirati” che sono stati eseguiti direttamente nei luoghi in cui la manodopera veniva impiegata e tramite il controllo degli automezzi in transito sulla Statale 106 Jonica.
Nel corso delle attività sono stati così denunciati due “caporali”, uno per il reclutamento della manodopera e l’altro come titolare di un’azienda agricola, che ora rischiano da uno a sei anni di reclusione e una multa che va da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore.
Le investigazioni avrebbero consentito di mettere in luce gli “indici di sfruttamento” dell’intermediazione illecita e del lavoro richiesti dalla normativa sul caporalato.