Giovanni Pecora su accuse di pentito verso Romano de Grazia

Reggio Calabria Attualità

Le presunte “rivelazioni di un pentito di mafia” sul fatto che il dott. Romano De Grazia, magistrato emerito della Suprema Corte di Cassazione, abbia chiesto i voti della mafia nel 1993 in occasione di una sua candidatura hanno più i toni del grottesco che del surreale. Dire che Romano De Grazia, il “padre” della Legge conosciuta come “Legge Lazzati” che spezza per sempre il torbido legame tra mafia e politica, abbia lui stesso chiesto voti alla mafia sarebbe come dire che il dott. Sabin ha diffuso il virus della poliomielite per poi acquisire meriti inventando il vaccino che la debellava. Siamo veramente al ridicolo, e fa specie che gli organi di informazione non abbiano trattato oggi parimenti da vaneggiamento le suddette dichiarazioni, dando loro addirittura dignità di notizia. Per poche persone sarei pronto a mettere la mano sul fuoco per dirittura morale, onestà e correttezza personale, e Romano De Grazia è una di queste. Per questo motivo non aspetto neanche le indubitabili smentite ufficiali dei riscontri formali, e mi schiero immediatamente al fianco di questo magistrato di cui non io, ma tutta la Calabria devono andare orgogliosi. Sono sicuro che, pur nella inevitabile amarezza, il dott. De Grazia saprà accettare con humor e serenità questa prova, che potrebbe essere frutto della mente malata di uno squilibrato in cerca di un minuto di notorietà, ma non escludo possa essere anche la ritorsione della mafia nei confronti di una persona che tanto ha fatto, sta facendo e farà ancora in futuro per combattere con fatti concreti il fenomeno mafioso.


Prof. Giovanni Pecora

vice presidente Fondazione “Antonino Scopelliti”