Lettere. Decesso all’ospedale di Catanzaro. Rizzo: ricostruiamo un clima di fiducia e serenità
Riceviamo e pubblichiamo integralmente la nota inviataci da Elga Rizzo, commissario Straordinario dell’Azienda Ospedaliera Pugliese-Ciaccio di Catanzaro sul caso del piccolo Zdravko Dimitrov Baltov, deceduto nel nosocomio del capoluogo.
Egregio Direttore,
con riferimento agli articoli di stampa apparsi nelle edizioni del 5 e del 6 febbraio u.s., che riportano alcune considerazioni dell'Avv. Giulio Calabretta sul caso del piccolo Zdravko Dimitrov Baltov, deceduto all’ospedale “Pugliese” in circostanze che la magistratura sta ancora accertando, La prego di voler accogliere e pubblicare alcune brevi riflessioni sull’argomento.
E' oramai diffusa, nella pubblica opinione, la convinzione che ogni evento dannoso che si consuma nel perimetro di qualsiasi struttura sanitaria sia da attribuire alla responsabilità professionale degli operatori sanitari ovvero, a un deficit organizzativo delle strutture sanitarie.
Detta convinzione, se mi è consentito, in qualche occasione risulta oltremodo amplificata dagli organi di informazione, sulla base di notizie e dati assolutamente di parte. Nel caso specifico, l’avv. Calabretta, legale della famiglia Baltov, ha pronunciato una vera e propria “sentenza anticipata” contro l’Azienda ospedaliera e i professionisti che vi operano, senza attendere le conclusioni a cui la Magistratura sta ancora lavorando, classificando quanto accaduto come un caso di “chiara malasanità”.
Pur comprendendo il grande dolore della famiglia e l’aspettativa di un risarcimento del danno, ritengo inaccettabile tacciare i professionisti e gli operatori sanitari dell’Azienda come “responsabili” della morte del ragazzo, ancor prima che la Procura della Repubblica abbia completato l’indagine.
L'Azienda Ospedaliera ha risposto con immediatezza e responsabilità sul caso del piccolo Baltov, fornendo all'Autorità Giudiziaria tutti gli elementi in proprio possesso per l'accertamento della verità e non intende minimamente sottrarsi ai propri obblighi, o celare la responsabilità propria o dei suoi professionisti, ove fosse accertata da chi ne ha titolo.
Avanzare avventate condanne, tacciare di comportamenti vergognosi coloro che quotidianamente si prodigano per dare assistenza, suggestionare l'opinione pubblica con frasi ad effetto, non è certo il modo migliore per rendere giustizia alla famiglia del piccolo Baltov.
Sulla scia di quest'ultime considerazioni mi sia concesso di spendere, a distanza di qualche giorno, un'altra riflessione sulla notizia che si riferisce ai 41 avvisi di garanzia notificati ad altrettante persone per il decesso del ragazzo.
L'Azienda, con equilibrio e buon senso, a fronte dei naturali sentimenti di frustrazione del proprio personale, che reclamava un'energica presa di posizione, ha sposato, con convinzione, l'obbligatorietà dell'autorità inquirente di garantire il diritto di difesa alla presenza di un accertamento autoptico.
Ma, anche in questo caso, non vi è dubbio che i modi con i quali la notizia è stata presentata all'opinione pubblica, abbiano profondamente turbato l'intera classe professionale, medica e non medica della nostra azienda ospedaliera.
In conclusione: perché una lettera e non un comunicato di replica?
Perché il messaggio non vuole essere una risposta autoreferenziale a difesa del proprio comportamento, ma un contributo offerto alla collettività e ai media affinché s ricostituisca quel clima di fiducia e di serenità fondamentale per coloro i quali, alla presenza di un bisogno di salute, si rivolgono a una struttura sanitaria e per chi esercita una funzione pubblica di così alto valore e nobiltà.
Elga Rizzo, commissario Straordinario