Sessanta chili di coca nascosti tra la carne: imponente sequestro nel porto di Gioia Tauro
Un altro duro colpo al traffico internazionale di droga quello inferto stamani dalla Guardia di Finanza reggina che ha scovato e sequestrato ben 61 chilogrammi di cocaina purissima.
La droga era nascosta - come ormai di consueto - in un container che trasportava della carne congelata ed in transito nello scalo di Gioia Tauro. Il carico, ufficialmente, arrivava dal Brasile ed era destinato al sud-est asiatico.
Le fiamme gialle, insieme ai funzionari dell’Ufficio Antifrode dell’Agenzia delle Dogane in servizio nel porto calabrese, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno eseguito dei controlli nello scalo arrivando ad identificare uno dei container sospetti, dietro il cui portellone erano stipati due borsoni contenti la polvere bianca.
Un quantitativo di coca, tolto dal mercato, che se fosse arrivato a destinazione e tagliato (almeno fino a quattro volte) avrebbe potuto fruttare alla criminalità l’importante cifra di circa 12 milioni di euro.
Al container gli investigatori sono giunti tramite una complessa attività di indagine eseguita con la cosiddetta analisi dei rischi e sulla base di riscontri fattuali eseguiti su migliaia di contenitori provenienti dal continente americano.
Un altro successo per la Guardia di Finanza reggina che ha operato con il supporto delle unità cinofile e con l’ausilio dei sofisticati scanner che sono in dotazione all’Agenzia delle Dogane.
“Nonostante l’ormai nota tendenza alla delocalizzazione delle spedizioni su altri porti, Gioia Tauro - spiegano i militari - rimane comunque uno dei principali scali di riferimento dei narcotrafficanti. Lo sforzo profuso - rassicurano dalla Gdf - è massimo ed è volto a limitare una vera e propria piaga sociale che ha costi elevatissimi e che non accenna a diminuire”.
In primis proprio il consumo della cocaina, soprattutto tra i più giovani, che crea danni irrimediabili alla salute ma garantisce anche ingenti guadagni. Somme che una volta reinvestite e riciclate sono in grado di inquinare pesantemente i circuiti legali dell’economia e di alterare le condizioni di concorrenza, sottraendo opportunità di lavoro alle imprese oneste.