Cultura. Dibattito a Roma sul libro di Mario Caligiuri “Moro e l’educazione civica”
La presentazione presso l’Istituto Treccani a Roma del libro di Mario Caligiuri “Aldo Moro e l’educazione civica. L’attualità di un’intuizione”, edito da Rubbettino, ha rappresentato l’occasione per una riflessione sul sistema educativo italiano.
Il direttore generale dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Massimo Bray ha introdotto l’incontro sostenendo che parlare di educazione civica è di grande attualità in quanto è importante aprire un dibattito nel Paese sul ruolo decisivo dell’educazione. Ha quindi ribadito che proprio l’educazione è la missione centrale dell’Istituto Treccani, nato nel 1925 per contribuire alla formazione delle classi dirigenti nazionali.
È quindi intervenuto il componente dell’Anvur e già rettore dell’Università “Aldo Moro” di Bari Antonio Uricchio che ha spiegato come l’attenzione di Aldo Moro sull’educazione civica fosse il frutto della sua formazione familiare, personale ed educativa, ricordando la professione dei genitori, la frequentazione nella FUCI con Giovanni Battista Montini, l’attività universitaria. Come Costituente ha contributo a proporre un modello culturale basato sulla libertà di insegnamento, sull’autonomia didattica, sulla libertà della ricerca scientifica per favorire la crescita umana attraverso la cultura dei diritti. Per Moro, secondo Uricchio, l’educazione civica rappresentava uno strumento per affermare la trama spirituale della nostra civile convivenza.
Per Giuseppe Fioroni, Ministro della pubblica istruzione durante il Secondo governo Prodi, la lezione di Moro partiva dalla premessa che la persona viene prima dello Stato, come sostenne nel corso della sua prima lezione all’Università di Bari nel 1941, in pieno periodo fascista. Ha poi ricordato che Moro si pose il tema politico dell’alfabetizzazione degli italiani, contribuendo alla realizzazione di programmi specifici nella televisione di Stato. “Oggi - ha sostenuto - la scuola è molto diversa di tempi di Moro, essendo sovraccaricata di compiti impropri, ridotta a volte in progettificio e parcheggio. E nelle università occorre rivedere la suddivisione tra laurea triennale e magistrale che non ha affatto prodotto i frutti sperati”. Fioroni ha concluso dicendo che una scuola autenticamente democratica dovrebbe riconosce il merito e che il sistema educativo italiano ha bisogno di meno riforme e maggiore responsabilità nei confronti delle future generazioni.
È quindi intervenuto Mario Caligiuri che ha contestualizzato il suo libro sostenendo che rappresenta un pretesto per porre l’educazione al centro del dibattito politico e culturale, in modo da ricostruire la democrazia nel nostro Paese. Caligiuri ha inquadrato la proposta legislativa di Moro del 1958 per istituire l’educazione civica nell’ambito politico, culturale ed educativo del tempo. Secondo l’autore, i contenuti dell’educazione civica, piuttosto che essere dispersi in mille rivoli, andrebbero concentrati su un unico tema: la disinformazione, ritenuta la principale emergenza educativa e democratica di questo inizio secolo.
Si è poi soffermato sulla relazione introduttiva alla legge, che probabilmente è stata scritta dallo stesso Moro, evidenziando che si tratta di un documento di grande interesse poiché potrebbe essere considerato come un esempio del pensiero e del linguaggio dello statista che lungi dall’essere vago e fumoso aderiva alla complessità della realtà; in secondo luogo potrebbe essere interpretato come un breve compendio di pedagogia da commentare, comparare, attualizzare; e infine rappresenta una lezione morale e politica sul ruolo dell’educazione nel sistema democratico.
Caligiuri ha concluso dicendo che c’è bisogno di una profonda ristrutturazione del sistema educativo e non di proposte di dettaglio, precisando che è urgente intervenire poiché scuola e università stanno svolgendo prevalentemente una funzione di ammortizzatore sociale per studenti e docenti.
Si è aperto un dibattito al quale è intervenuto, tra gli altri, Paolo Miccoli, Presidente dell’Agenzia Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, che ha evidenziato la necessità di trasformare il sistema educativo italiano da ammortizzatore sociale a fattore di coesione sociale. In particolare ha ribadito che è compito sopratutto delle piccole università dei territori disagiati promuovere la coesione sociale per lo sviluppo umano ed economico.
Ha concluso Massimo Bray riassumendo la manifestazione e mettendo in rilievo che oggi le giovani generazioni accedono al sapere per il 78 per cento attraverso il canale digitale.
“Questo pone - ha detto - la necessità di una ineludibile e urgente riflessione politica, culturale ed educativa sulle conseguenze delle attuali modalità di acquisizione del sapere da parte delle giovani generazioni”.