Vacantiandu. Successo per il Lazio al Gran Premio Teatro Amatoriale con “Il nome”
Nono appuntamento con la V edizione del Gran Premio del Teatro Amatoriale Italiano che ha portato in scena, al Teatro Comunale Grandinetti di Lamezia Terme il Piccolo Teatro di Terracina (Lazio) con lo spettacolo Il nome, regia di Roberto Percoco, liberamente ispirato al film “Il nome del figlio” di Francesca Archibugi su adattamento della pièce francese Le Prénom di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte.
Il Gran Premio del Teatro Amatoriale Italiano, organizzato a livello nazionale dalla Federazione Italiana Teatro Amatori (FITA) e ospitato per la prima volta in Calabria, è inserito nella rassegna teatrale Vacantiandu 2019.2020 con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta.
Il nome è una commedia brillante e divertente costruita intorno ad una burla che diventa pretesto per mettere a nudo le dinamiche e i rapporti di una famiglia borghese.
Marco e Simona aspettano un bimbo. Durante una cena a casa della sorella Betta, sposata con Piero, Marco rivela il (finto) nome del bambino scatenando le reazioni di suo cognato, professore universitario di sinistra. Alla cena è presente anche l’amico di famiglia Claudio che da anni, all’insaputa di tutti, ha una relazione con Lucia, madre di Marco e di Betta. Soltanto Simona, che arriva più tardi perché impegnata in una intervista radiofonica per promuovere il suo primo romanzo, è a conoscenza di questa liaison tra Claudio e Lucia ma totalmente ignara dello scherzo architettato dal marito.
Una commedia corale ma anche di coppie, un viaggio all’interno della famiglia e dei suoi meccanismi guidato da attori tutti bravi e affiatati.
Bruno Perroni disegna un Marco vivace, dinamico, burlone e amante della bella vita, tutto concentrato sull’apparenza delle cose anche se il personaggio subisce via via una evoluzione. Il cognato Piero, nell’ottima interpretazione di Roberto Percoco che firma anche la regia, è completamente assorbito dal suo ruolo di docente universitario di sinistra e non manca occasione per far sentire la propria superiorità intellettuale.
Come la maggior parte degli adulti che si sono avvicinati tardi alla tecnologia adotta una serie di atteggiamenti insani che spesso vengono rimproverati agli adolescenti come quello di estraniarsi dalla realtà circostante, soprattutto in presenza di altre persone, per consultare freneticamente i social network. Betta, la moglie, una brava Cristina Castelli, è una donna fragile che ha sempre vissuto all’ombra di suo fratello Bruno e poi di suo marito Piero. Trascurata da quest’ultimo trova fugace conforto tra le braccia di un collega, professore di matematica. Tuttavia, i due cercano di impartire ai loro figli Pin, interpretato da un simpatico Carlo Del Duca, e Scintilla (che non compare mai in scena) una educazione basata su sani principi morali anche se lo zio Bruno non manca di viziarli. Claudio è invece l’amico di famiglia e il confidente di Betta. Emilio di Mauro ne delinea un personaggio ben equilibrato, colorandolo di molta verve ma senza scivolare nella parodia nonostante le sciarpine colorate e le pantofole rosa. Limpida e genuina la Simona di Darina Rossi che non tradisce le sue origine borgatare pur facendo parte, ormai, di una famiglia che porta un nome di prestigio e si rivela il personaggio più vero e sincero della pièce.
La commedia, tutta giocata su ritmi serrati ma calibratissimi, diventa un sorta di “ritratto di famiglia in un interno” i cui valori borghesi quali la rispettabilità del nome, lo status sociale, la supposta superiorità intellettuale, la tensione ideale e politica sono continuamente sovvertiti. In tutti i personaggi albergano in dosi più o meno variabili la meschinità, il rancore, la rabbia, la gelosia, i segreti. Così, pur se tutto sembra costruito secondo i canoni della commedia brillante, a tratti si spalancano i crepacci della satira feroce, dell’ironia velenosa e arcigna, dell’amoralismo che smaschera le finte moralità e il perbenismo borghese. Ma la nascita del bambino, che in realtà sarà una bambina, come un deus ex machina arriverà a ristabilire la pace e l’armonia familiare.
Il Piccolo Teatro di Terracina con Il nome rappresenta il Lazio, nona tra le 14 regioni italiane selezionate a partecipare alla 5° edizione del Gran Premio del Teatro Amatoriale Italiano.
Nato grazie alla passione di persone che già praticavano l’esperienza teatrale in realtà diverse, il Piccolo Teatro di Terracina si costituisce come associazione regolarmente riconosciuta nel 1991. La svolta importante per l’associazione è nel 2001 quando mette in scena una fortunata edizione de “La strana coppia” di Neil Simon in versione femminile, ed è sempre in quest’anno che conosce la bella realtà della FITA (Federazione Italiana Teatro Amatoriale). Tra i tanti allestimenti in repertorio “Uomo e galantuomo” e “Filumena Marturano” di De Filippo, “La cena dei cretini” di Francis Veber, “Suite 719” di Neil Simon, “Rumori fuori scena” di Michael Frayn, “Uomini sull’orlo di una crisi di nervi” di Galli e Capone e “Nemici come prima” di Gianni Clementi.
Lo spettacolo è stato valutato da una giuria composta da sette giurati con competenze specifiche a diverso titolo nel settore i quali, nel Gran Galà finale del 29 marzo 2020, assegneranno 8 premi: Miglior spettacolo, Miglior attore/attrice protagonista, Miglior attore/attrice non protagonista, Miglior allestimento, Miglior testo e Miglior regia.
Al termine della rappresentazione, il consueto omaggio della tradizionale maschera, simbolo della rassegna Vacantiandu, ideata dal graphic designer Alessandro Cavaliere e realizzata dal maestro Raffaele Fresca, che il direttore artistico Nico Morelli e il direttore amministrativo Walter Vasta hanno consegnato alla compagnia.