Rifiuti nell’ambiente, scatta il sequestro per la Ilsap di Lamezia: sigilli a beni per 135 mln
Da questa mattina gli uomini della Guardia di finanza di Lamezia Terme, del comando Carabinieri Tutela Ambiente-Noe di Catanzaro e della Capitaneria di porto-Guardia costiera di Vibo Valentia, stanno dando esecuzione a un decreto di sequestro preventivo di beni immobili e quote societarie, del valore complessivo stimato in oltre 135 milioni di euro, nei confronti della Ilsap Srl, azienda che opera nel campo del bio-diesel e con sede legale a Latina ma con sede operativa nella città della Piana.
L’indagine, coordinata dal procuratore Salvatore Curcio e dal sostituto Marica Brucci, riguarda un presunto deposito incontrollato di rifiuti di varia natura all’interno dell’area “Ex sir” di Lamezia, e uno sversamento illecito, su suolo e acqua, di reflui industriali attuati negli anni dalla società.
L’attività investigativa avrebbe portato a rilevare come l’area in questione risulti interessata da evidenti stati di abbandono, con immissioni di rifiuti solidi e liquidi nell’ecosistema presente.
Le risultanze acquisite nel corso delle indagini, svolte in maniera sinergica dalle tre forze di polizia, avrebbero dunque riscontrato un quadro definito “di rilevante gravità delle condotte” oltre che un elevato pericolo di compromissione della salubrità ambientale.
Il gip ha quindi richiesto il decreto di sequestro della piattaforma depurativa della società lametina, di circa 4mila mq, nonché di un’area adibita a discarica abusiva, di circa 21mila mq, contenente rifiuti speciali, solidi e liquidi di natura altamente inquinante, e beni immobili del valore stimato poco più di 15 milioni di euro.
Nel corso dell’attività di indagine, inoltre, si è proceduto - lo scorso 14 febbraio - all’arresto in flagranza del direttore tecnico dell’impianto Ilsap con l’accusa di violazione dei sigilli delle aree poste sotto sequestro.
La società di Latina, sebbene in amministrazione giudiziaria, era di fatto, gestita sempre dagli stessi soci, destinatari di un precedente provvedimento ablatorio da parte di un’altra autorità giudiziaria (QUI).
Gli accertamenti, inoltre, fanno ritenere che la società, attraverso l’allestimento di attività collaudate, abbia nel tempo cagionato un potenziale e significativo deterioramento del suolo e dell’ecosistema, con un alto rischio di contaminazione delle matrici ambientali, che allo stato potrebbero essere già intaccate.