“Rinascita Scott”. Blitz nella notte, catturato Giofrè: presunto “perno” delle estorsioni
Era ricercato da quasi cinque mesi e si nascondeva in un’abitazione rurale nelle campagne di contrada Batia, a San Gregorio d’Ippona, nel vibonese. Nella notte appena trascorsa il blitz con l’irruzione dei carabinieri che sono così riusciti a catturare ed arrestare il 57enne Gregorio Giofrè.
Il latitante era ricercato esattamente dal 19 dicembre 2019, e su di lui pendeva un’ordinanza cautelare emessa dal Gip di Catanzaro nell’ambito dell’operazione Rinascita-Scott (QUI) - condotta dal Ros sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro - e che allora ha colpito le maggiori cosche di ‘ndrangheta del vibonese.
Secondo le indagini, che hanno portato all’arresto di ben 334 persone, tra cui presunti boss, imprenditori ed anche politici (QUI) - accusate a vario titolo di associazione mafiosa, omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione, riciclaggio ed altri reati gravi - Giofrè sarebbe un’esponente di vertice della cosiddetta locale di San Gregorio d’Ippona, imparentato con Rosario Fiarè, storico capo locale attualmente ai domiciliari.
Dopo la cattura, allora, anche di Saverio Razionale e Gregorio Gasparro, sarebbe rimasto il più importante esponente della struttura mafiosa ancora in libertà.
LA “MESSA A POSTO”, IL “FIORE” E LA “BACINELLA”
La locale di San Gregorio, sin dagli anni ’80, è stata fedele alla famigerata cosca dei Mancuso di Limbadi ed i suoi più influenti appartenenti sarebbero stati “centrali” per consentire agli stessi Mancuso una “gestione unitaria” della ‘ndrangheta vibonese.
Secondo l’ipotesi accusatoria, avvalorata anche dalle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, Giofrè - che è indagato per associazione mafiosa e per una serie di estorsioni - avrebbe avuto il compito di organizzare la riscossione delle stesse estorsioni agli imprenditori e secondo un sistema definito “centralizzato”, valido per tutta la provincia.
Un sistema che avrebbe così permesso alla cosca di competenza di ottenere la cosiddetta “messa a posto”, ovvero di farsi pagare, di norma, il 3% del valore dei lavori che si eseguivano nella zona, e con il conseguente “fiore” che sarebbe andato non solo alla locale competente nel luogo in cui si realizzasse l’opera, ma anche per quella di competenza in base al luogo di provenienza dell’imprenditore, secondo delle dinamiche che permettevano così l’alimentazione di una bacinella comune.
Il 57enne, nel settore, sarebbe stato dunque ed anche il punto di riferimento ultimo per le interlocuzioni con gli esponenti delle cosche delle diverse province, che conoscevano il suo ruolo e gestivano l’estorsione secondo un modello che confermerebbe l’unitarietà dell’organizzazione mafiosa calabrese, non solo dal punto di vista formale ma anche sostanziale.
L’abitazione in cui si era nascosto il latitante è risultata di proprietà di un soggetto ritenuto vicino alla cosca sangregorese ed era munita di un complesso dispositivo di video-sorveglianza.
L’operazione che ha portato alla cattura di Giofrè è stata eseguita dai Carabinieri del Ros, dai loro colleghi del Comando Provinciale di Vibo Valentia e dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria.