Gli interessi dei clan sui lavori pubblici. Azienda “condizionata” finisce in amministrazione giudiziaria

Reggio Calabria Cronaca

La Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica locale, ha eseguito un decreto con cui è stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria la società Scali Unipersonale Srl di Siderno, azienda che opera nel settore delle costruzioni edili e stradali.

L’amministratore unico della stessa società - già destinataria di una interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura della città dello Stretto - dopo aver impugnato davanti al Tar della Calabria il provvedimento, aveva formulato una richiesta affinché venisse applicato il controllo giudiziario.

A sostegno dell’istanza, l’impresa aveva prodotto degli argomenti volti ad affermare la propria immunità dalla ipotizzata infiltrazione mafiosa, ponendo anche l’accento sull’esigenza di salvaguardare i livelli occupazionali, in considerazione dell’assoluta rilevanza delle commesse pubbliche, che rappresentano il 95% del suo volume d’affari.

Nell’ambito del procedimento, la Dda - diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri - ha invece richiesto una misura più incisiva, quella appunto dell’amministrazione giudiziaria, sulla base delle risultanze investigative acquisite nei procedimenti penali relativi a tre diverse inchieste, Martingala (QUI), Mandamento Jonico (QUI) e Confine, e ritenute dagli inquirenti, nell’insieme, “sintomatiche di uno stabile inserimento in un sistema di gestione illecita degli appalti pubblici, nel quale l’impresa, subendo l’aggressione predatoria mafiosa, ma conseguendo - in cambio del suo restare sistematicamente succube - la possibilità di essere riconosciuta quale affidabile interlocutore economico dei sistemi criminali che governano quei mercati, è particolarmente attiva.”

I due nuovi istituti dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario, introdotti con le modifiche apportate al Codice Antimafia nel 2017, sono alternativi al sequestro finalizzato alla confisca, essendo ispirati dalla necessità di rimuovere eventuali situazioni di presunte infiltrazioni e di condizionamento da parte della criminalità organizzata nelle imprese, e prevede l’adozione di strumenti di controllo diretti alla “bonifica” e alla successiva restituzione dell’azienda al proprio titolare.

“UN’AGEVOLAZIONE STABILE E SISTEMATICA

L’obiettivo è, in sintesi, quello di promuovere il recupero delle imprese che siano “direttamente o indirettamente sottoposte a condizioni di intimidazione o di assoggettamento rispetto” alle mafie o che “possano comunque agevolarne l’attività, con sistematicità ovvero con occasionalità”.

A questo scopo, il Tribunale ne affida la gestione o il controllo ad amministratori nominati appositamente, esercitando così un potere di vigilanza che ha lo scopo ad assicurare la continuità imprenditoriale, rimuovendo le cause che hanno portato al condizionamento mafioso.

Il tratto distintivo tra le due misure è che il controllo giudiziario deve trovare applicazione, al posto dell’amministrazione giudiziaria, nei casi in cui l’agevolazione mafiosa abbia un carattere sporadico o occasionale.

Nel caso della Scali, i giudici della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale Reggino, muovendo dall’esame delle motivazioni contenute nell’informazione interdittiva antimafia ed esaminando i conseguenti provvedimenti del Tar e del Consiglio di Stato, hanno ritenuto sussistenti gli indizi di “un’agevolazione stabile e sistematica”, tale da precludere l’accesso al controllo giudiziario.

A questo riguardo il Collegio ha rimarcato che la mancata presentazione della denuncia per una estorsione aggravata dal metodo mafioso, subìta da esponenti della cosca di ‘ndrangheta dei Cataldo (in riferimento all’operazione Mandamento Jonico) debba ritenersi “indice confermativo di soggiacenza e dunque di pericolo infiltrativo” rispetto alla criminalità organizzata sul territorio di Locri.

Inoltre, che non può essere escluso il pagamento di una somma 80 mila euro a titolo di estorsione sulla base di una semplice consulenza contabile di parte.

Il Tribunale, poi, ha preso in considerazione che i giudici della Corte d’Assise di Locri, in merito alla deposizione resa dall’amministratore della Scali nell’ambito del procedimento “Confine”, abbia stigmatizzato il fatto che lo stesso si sia limitato ad esplicitare il contenuto lecito di una conversazione intercorsa con un imputato, e nella quale i due si sarebbero lamentati dell’esosità delle pretese economiche di alcune cosche, dichiarando di non ricordare tutto il resto.

IL CONTROLLO DEL SETTORE DELL’EDILIZIA PUBBLICA

Infine, affermano ancora i giudici, “il raffinato sistema di emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti organizzato da Antonio Scimone e svelato dall’operazione Martingala, come emerso dagli accertamenti effettuati dalla Dia di Reggio Calabria, aveva consentito non soltanto la perpetrazione di frodi fiscali, bensì anche il drenaggio verso le casse delle cosche di una parte delle somme incassate da varie imprese, tra cui la Scali Srl, aggiudicatarie di appalti per l’esecuzione di lavori pubblici, attenuando peraltro il danno economico in capo all’imprenditore ‘condizionato’, consentendogli la possibilità di ottenere un indebito risparmio fiscale attraverso l’utilizzo delle false fatture.

Gli approfondimenti investigativi eseguiti dalla Dia, delegati dal Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano Paci e dal Sostituto Stefano Musolino, dimostrerebbero inoltra una permanenza di rapporti commerciali con fornitori controindicati anche per più anni successivi all’adozione di provvedimenti interdittivi nei confronti di queste imprese.

In conclusione, il Tribunale ha rilevato “chiaramente” una permeabilità della società rispetto ad infiltrazioni della criminalità organizzata, e una agevolazione stabile a favore di più soggetti legati alle cosche locali di ‘ndrangheta interessate al controllo del settore dell’edilizia pubblica, attraverso una “obiettiva commistione di interessi… tra le attività delittuose dell’agevolato e le attività, ancorché esercitate con modalità lecite, dall’impresa agevolante”.

Alla luce di tutti questi elementi, è stata quindi disposta l’amministrazione giudiziaria per un periodo di sei mesi, al termine dei quali il Tribunale sarà chiamato a valutare gli esiti del programma di bonifica dell’impresa.