Aste “aggiustate”: in molti sapevano e s’accordavano, sgominato il “cartello” dei colletti bianchi

Cosenza Cronaca

I clienti li procacciavanodirettamente ma altri ci si rivolgevano spontaneamente, sapendo della reputazione di cui godevano nella zona.

Insomma molti sarebbero stati al correnti, o quantomeno intuivano, che dietro ad alcune aste giudiziarie su immobili ci poteva essere una manina che poteva consentirgli di aggiudicarseli con una certa tranquillità, sbaragliando la “concorrenza di altri interessati.

Una manina composta da cosiddetti colletti bianchi: White Collar” detto in inglese, e che è proprio il nome dell’operazione con cui stamani la Guardia di finanza ha indagato una cinquantina di persone (48 per la precisione), per nove delle quali si è spalancato il carcere e altre sette sono finite invece ai domiciliari (QUI).

L’inchiesta, condotta dalle fiamme gialle Corigliano Calabro su delega della Procura della Repubblica di Castrovillari, ha dunque aperto uno spaccato su delle presunte irregolarità da parte di alcuni professionisti delegati e curatori fallimentari nelle procedure di vendite giudiziarie presso il Tribunale della città del Pollino.

Dalle investigazioni emergerebbe una associazione a delinquere, definita ben “strutturata” e attiva almeno da tre anni, ovvero dal 2017, che avrebbe esercitato delle ingerenze nelle vendite giudiziarie, così da indirizzare l’esito delle aste e l’assegnazione dei beni ai clienti dello stesso gruppo, che si rivolgevano a quest’ultimo sia perché contattati dai professionisti e - come accennavamo - sia direttamente per il significativo “grado reputazionale” che si erano conquistati sul territorio.

Insomma, l’organizzazione, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe acquisito informazioni riservate sulle procedure e, più specificatamente, sui possibili partecipanti, oltre che per accomodare l’esito delle aste, anche attraverso delle forme di dissuasione rivolte verso altri potenziali concorrenti.

In questo contesto, e sempre in base all’accusa, il gruppo sarebbe divenuto di per sé un “centro di raccolta delle informazioni” sui soggetti interessati all’acquisto, anche sotto la forma di un “cartello collusivo aperto”, gestendo queste informazioni in modo da condizionare la partecipazione alle aste.

Gli investigatori sostengono difatti che da un lato gli interessati all’acquisto si sarebbero rivolti ai presunti membri dell’organizzazione per raggiungere il loro scopo, e dall’altro, quest’ultimi, una volta acquisite le richieste dei primi, le avrebbero gestite a loro convenienza per “pilotare” il bene verso uno specifico e prescelto “cliente”, distogliendo dalla partecipazione gli altri soggetti.

I CAPISALDI DELL’ORGANIZZAZIONE

A capo dell’organizzazione si ritiene vi fosse un coriglianese, dipendente della Pubblica Amministrazione e dislocato presso l’Ufficio del Giudice di Pace della città ionica cosentina.

A questi vengono anche contestati i reati di truffa aggravata e false attestazioni o certificazioni, alla luce dell’abbandono del posto di lavoro senza permesso e senza timbrare l’uscita ed il rientro, ovvero della falsa attestazione della propria presenza in servizio timbrando fraudolentemente il cartellino.

Fondamentali per l’organizzazione si sarebbero poi rilevate le figure di altre due persone: un avvocato che avrebbe fatto da procacciatore dei clienti interessati alle aste; e un dottore agronomo che avrebbe avuto invece il ruolo di individuare fisicamente, anche sulla base dei dati contenuti negli avvisi di vendita, i terreni oggetto delle procedure esecutive, così da consentire al gruppo di proporli ai “clienti”.

Di altrettanto rilievo per raggiungere gli obiettivi, sarebbero stati altri tre avvocati, con studi nell’area urbana di Corigliano-Rossano, ritenuti sodali della stessa associazione e a cui sarebbe spettato istruire le offerte dei clienti, partecipando per conto degli stessi alle varie procedure esecutive con la formula “per persona da nominare”.

Inoltre, sulla base delle direttive fornitegli dal presunto capo dell’associazione, i legali sarebbero stati deputati ad acquisire illecitamente - presso i professionisti delegati, i curatori fallimentari ed i custodi giudiziari - le informazioni coperte da segreto d’ufficio relative agli offerenti e, più in generale, ai soggetti interessati alle aste, oltre che a raggiungere accordi collusivi con i concorrenti.

IL SISTEMA RELAZIONALE SOMMERSO

L’indagine avrebbe infatti disvelato un sistema relazionale “sommerso tra l’organizzazione e vari professionisti delegati alle vendite (nove di loro, tra avvocati e commercialisti, colpiti oggi dalla misura cautelare) che, in spregio alla funzione di pubblici ufficiali”, avrebbero gestito in modo collusivo le aste in favore dei “clienti” dell’organizzazione.

In questi rapporti si sono verificati anche eventi di corruzione dei professionisti delegati che, in cambio della turbativa d’asta, avrebbero concordato una compenso in denaro.

Dalle investigazione emergerebbe poi che una delle principali modalità adottate dagli appartenenti al gruppo per utilizzare notizie coperte dal segreto d’ufficio, sarebbe stata quella di ottenere, tramite i curatori fallimentari o i professionisti delegati compiacenti, la possibilità - prevista dalle modalità di funzionamento del sistema delle aste telematiche - di consultare anzitempo i bonifici cauzionali accreditati dai soggetti interessati all’asta sul conto della procedura.

Un sistema questo che avrebbe dunque consentito loro di venire a conoscenza delle offerte che sarebbero state presentate e dei nominativi degli offerenti, in modo poi da poterli avvicinare con l’intenzione di raggiungere un accordo illecito o di dissuaderli dal partecipare all’asta.

In carcere, quest’oggi, è finito anche un 55enne coriglianese, residente a Cassano all’Ionio, e gravato da un precedente penale di rilievo e già coinvolto in una nota operazione della Dda di Catanzaro contro la ‘Ndrina dei Forastefano (QUI).

Per gli inquirenti sarebbe stato l’artefice del turbamento della regolarità delle procedure d’asta con minacce rivolte ai controinteressati, ottenendone la rinuncia alla partecipazione.

GLI ARRESTATI

In carcere sono finiti Giuseppe Andrea Zangaro, Giorgio Alfonso Le Pera, Carmine Placonà, Alfonso Cesare Petrone, Luisa Faillace, Giovanni Romano, Carlo Cardile, Carlo Plastina, Antonio Guarino.

Ai domiciliari, invece, Francesca De Simone, Antonio Aspirante, Vincenzo Anania, Patrizia Stella, Alfredo Romanello, Luigia Maria Caruso, Rocco Guarino.