I Giampà vincono il ricorso. La villa confiscata 14 anni fa deve essere restituita
I giudici della Corte d’appello di Catanzaro hanno accolto la tesi difensiva dei legali dei coniugi lametini Francesco Giampà e Giovanna Monteleone e ha restituito loro la villa di proprietà del valore di 250mila euro confiscata 14 anni fa dalla Sezione Misure di Prevenzione del tribunale del capoluogo.
La struttura è riconducibile al figlio dei due, Vincenzo Giampà, detto Enzo, coinvolto in alcune operazioni condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro all’esito delle quali è stato condannato per associazione mafiosa ed altri gravi reati.
Il legale ha dimostrato che quest’ultimo aveva trasferito la sua residenza in un altro immobile fin dal 1995, che il suolo su cui era stata costruita la villa in questione era pervenuto a Giovanna Monteleone per donazione, che i calcoli reddituali elaborati dall’autorità proponente erano errati perché non tenevano conto di tutte le entrate percepite negli anni dai coniugi e dall’altro figlio con loro convivente.
Inoltre, che i costi di costruzione e di condono erano stati sopportati dai due ricorrenti ed erano compatibili con le loro disponibilità economiche, e che i lavori di costruzione erano avvenuti “in economia” da Francesco Giampà (di professione carpentiere) con l’aiuto di suoi conoscenti, le cui dichiarazioni sono state raccolte con indagini difensive.
Dopo 14 anni può allora dirsi definitivamente conclusa l’odissea giudiziaria vissuta dai due coniugi che si sono visti finalmente riconosciuti la legittimità e la piena titolarità del loro immobile.
IMMOBILE ASSEGNATO AL COMUNE
L’immobile, dopo la conferma della confisca pronunciata dalla Corte di Cassazione nel 2009, è stato acquisito al patrimonio dello Stato ed è stato amministrato dall’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alla criminalità organizzata, che lo aveva nel frattempo assegnato al Comune di Lamezia Terme per la realizzazione di un laboratorio musicale e di un centro di aggregamento per i giovani. Con tanto di finanziamenti pubblici e di lavori di conversione.
Nel 2017 i coniugi Giampà e Monteleone, assistiti dall’avvocato Aldo Ferraro, hanno fatto ricorso al Tribunale di Catanzaro che aveva obiettato che entrambi non erano mai stati messi nelle condizioni di partecipare al procedimento di prevenzione che portò alla confisca del loro immobile, il che li legittimava a proporre l’istanza di revoca.
LA PRIMA DECISIONE DEL TRIBUNALE
L’avvocato ha documentato le disponibilità economiche acquisite nel corso degli anni, mai considerate prima d’ora, producendo gli esiti di indagini difensive da cui è emerso che erano stati proprio loro ad occuparsi della edificazione, dalla scelta dei materiali al sostenimento delle spese, come dimostrato dal fatto che Francesco Giampà sia stato processato per il reato di abuso edilizio proprio in relazione alla edificazione di quella villa.
Questo, per il legale, ha dimostrato che l’immobile era di proprietà dei coniugi ed era nella loro disponibilità, quindi non del figlio.
Il Tribunale, dopo oltre un anno, ha però rigettato la richiesta di revoca, ritenendo che la reale disponibilità di quell’immobile fosse riferibile al figlio dei proprietari, ritenuto persona socialmente pericolosa, e che esistesse una sproporzione tra i redditi dei ricorrenti e le risorse necessarie a costruire quell’immobile.
I congiuri hanno proseguito, tanto che il provvedimento è stato impugnato dal difensore, Aldo Ferraro, davanti alla Corte di Appello che, in totale accoglimento delle deduzioni difensive, ha oggi revocato quel provvedimento di confisca adottato il 19 dicembre del 2006, disponendo la sua immediata restituzione ai due coniugi.