Roma. Pizzicati con un quintale di droga, in carcere due calabresi parenti di un latitante
Tutto è partito dal controllo di un furgone Mercedes alla cui guida c’era un siciliano pizzicato nell’immediato con oltre un chilo di cocaina.
Da qui si è poi giunti all’arresto di quest’ultimo, un 54enne messinese (V.F.), che guidava il furgone, ma anche di altre due persone, un 37enne (S.P.) ed un 26enne (A.V.) originari del vibonese, ed al sequestro di quasi 390 mila euro in contanti e di oltre un quintale di droga, rispettivamente 52 chili di cocaina e altri 50 di hashish.
I fatti risalgono a lunedì scorso, 21 settembre. La Sezione Antidroga della Squadra Mobile di Roma stava monitorando le maggiori piazze di spaccio della Capitale, in particolare quelle insistenti nel quadrante est della città.
Nella zona Ponte di Nona gli agenti hanno notato il furgone, il cui proprietario non risultava risiedere nelle vicinanze. Così hanno deciso di tenere sotto osservazione il mezzo fermandolo e trovandovi alla guida il 54enne messinese, gravato da precedenti contro il patrimonio e in materia d’armi, e trovato in possesso, come dicevamo, di esattamente 1,2 kg di “coca”.
Gli elementi emersi da questo primo sequestro hanno portato ad approfondire il contesto nel quale si muoveva l’uomo, ritenuto parte attiva di una organizzazione criminale più ampia e ramificata.
In particolare, i poliziotti hanno esteso i servizi di osservazione anche alla zona Casal Lumbroso, luogo di residenza dell’intestatario del Mercedes, il 37enne vibonese, individuato nei pressi della sua abitazione insieme al 26enne che era alla guida di un altro furgone.
Entrambi - con precedenti di polizia - sono legati da rapporti di parentela al latitante Gianluca Tassone, condannato a 13 anni e 7 mesi per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Setacciato così il mezzo guidato dal 26enne, che in quel momento usciva da un garage di Via Giorgio Bo, si sono scovati i 52 kg di cocaina ed un trolley con dentro e per la precisione 388.980 euro in contanti, oltre a numerosi cellulari e sim telefoniche di gestori esteri.
Il fermo del furgone ha consentito pertanto - e considerando l’arresto nei confronti del loro presunto sodale - di scongiurare lo spostamento della droga in un altro luogo probabilmente ritenuto sicuro.
Un elemento interessante, evidenziano gli investigatori, è la forma particolare nella quale era confezionato lo stupefacente: oltre al tradizionale “pacco” da un chilo era modellato in tegole curve da 200 grammi ognuna.
La droga - la cui perizia qualitativa ne ha stabilito la purezza del 100% - una volta immessa sul mercato avrebbe fruttato più di 5 milioni di euro. Per tutti e tre si sono spalancate le porte del carcere.