Cattura latitante Delfino: si nascondeva in un casolare, con lui il fratello e un parente
Era nascosto in un casolare in zona montana di Sant’Eufemia d’Aspromonte il latitante Rocco Graziano Delfino che - come già anticipato stamani (QUI) – è stato arrestato nella serata di ieri nel corso di un’operazione congiunta dei Carabinieri della Compagnia di Palmi e dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria”.
I militari dell’Arma sono arrivati a Delfino dopo numerosi servizi di appostamento in un’area impervia e poco accessibile. La meticolosa attività ha portato i sui frutti quando sono riusciti ad individuarlo in un rudere in cui aveva trovato rifugio.
IL BLITZ
Aiutati dall’oscurità della sera, i carabinieri hanno cinturato l’intera area e poi hanno fatto scattare il blitz cogliendo di sorpresa Rocco Graziano Delfino.
Il latitante però non era solo: a tenergli compagnia nel casolare c’erano infatti il fratello e di un altro parente, entrambi tratti in arresto per concorso in favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena.
Al momento dell’arresto, il 34enne è stato trovato in possesso di una pistola cal. 6,35 con matricola abrasa e munita di due caricatori e 11 colpi, una carta di identità e una patente di guida false, attraverso le quali ne veniva agevolata la latitanza, nonché alcune ricetrasmittenti verosimilmente utilizzate dalla rete di favoreggiatori.
CHI È ROCCO DELFINO?
Delfino, ritenuto elemento di spicco della cosca Alvaro di Sinopoli, era ricercato dall’agosto 2017 poiché, già sottoposto agli arresti domiciliari, si era sottratto dapprima a un ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria, che lo condannava ad una pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione e ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dall’Ufficio GIP di Reggio Calabria per associazione mafiosa, essendo ritenuto elemento di spicco della cosca egemone a Sinopoli.
In particolare, in qualità di partecipe al locale di ‘ndrangheta di Santa Eufemia d’Aspromonte e, più specificatamente, alla frangia mafiosa riferibile a Domenico Laurendi, avrebbe preso parte a riunioni di ‘ndrangheta in cui si discuteva dell'affiliazione o dell'attribuzione di doti di ‘ndrangheta ai sodali e con il compito di veicolare informazioni agli affiliati.
Anche alla luce del suo stato di latitanza, la Procura Generale della Repubblica della Corte di Appello di Reggio, nel marzo scorso, aveva emesso un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, per l’esecuzione di una pena definitiva di 12 anni, 2 mesi e 25 giorni per vari reati contro il patrimonio, rapina, traffico di stupefacente, porto abusivo di armi ed altro.
I tre arrestati, al termine delle formalità di rito, sono stati associati alla casa circondariale di Palmi a disposizione dell’A.G. procedente.