Processo Rinascita-Scott: prime rivelazioni dei pentiti sui “capo-crimine” e gli “invisibili”
Hanno iniziano a parlare dei “crimini della ‘ndrangheta” i collaboratori di giustizia coinvolti maxi procedimento contro la criminalità calabrese nato dall’operazione Rinascita-Scott (QUI).
Oggi, nell’aula bunker di Lamezia Terme, sono state ascoltate le dichiarazione del pentito crotonese Luigi Bonaventura, che ha dichiarato che la ‘ndrangheta non è “coppola e lupara” quanto invece sia “molto più raffinata, un’organizzazione strutturata” l’ha definita.
Nei sodalizi, poi, e sempre secondo Bonaventura, esistono “due capi”: “Uno supremo – ha precisato il pentito - che è rappresentato da un capo-crimine, che non è il capo assoluto perché non esiste nella ‘ndrangheta: sia perché le famiglie sono troppo orgogliose, sia a salvaguardia dell’organizzazione stessa perché così non si può decapitare”.
Proprio questa figura funge da “Presidente della Repubblica” che custodisce le “regole” dell’organizzazione.
Per il pentito Angelo Cortese, ascoltato anche lui questo pomeriggio, si tratta di “una dote alta, altissima, grazie alla quale si può anche formare un mandamento”. Lo stesso Cortese questa carica l’avrebbe ricoperta in prima persona.
La seconda figura al vertice, sempre secondo quanto raccontato da Bonaventura viene “chiamato pure crimine, ma gestisce solo un’area di ‘locali’ e deve sempre dare conto alla ‘mamma’, al Crimine di Polsi”.
Bonaventura ha poi paragonato la “struttura” alle carte napoletane per poi arrivare alla “figura dell’invisibile”. “Abbiamo denari, spade e mazze, il palo che viene scartato è coppe. Ogni carta ha una simbologia: si parte dal re di denari, di spade e di bastone che hanno una simbologia. Poi si passa ai cavalieri, alle donne, e poi si continua solo con i denari: il 7 di denari ha un significato, il 6 un altro e via discorrendo”.
Questo fino ad arrivare all’asso, sempre di denari, che è appunto l’invisibile: “È il tesoro, che dev’essere coperto sempre”.
Gli “invisibili” avrebbero quindi il compito “di sedersi al tavolo con gli ambienti massonici”. “Facevano da collettori tra il mondo ‘ndranghetistico e altri poteri – evidenzia il pentito Bonaventura – per questo devono restare invisibili: non sono persone affiliate regolarmente come i classici ‘ndranghetisti, però fanno parte di entrambi i mondi”.
A una specifica domanda del pm Annamaria Frustaci: “Vibo aveva un crimine?” ha risposto il pentito Giuseppe Vrenna, anche lui ascoltato oggi, che ha affermato: “Si, io sapevo che ce lo avevano i fratelli di Luigi Mancuso, Antonio e Francesco se ricordo bene”.