La Caronte&Tourist infiltrata dalla cosca: finisce in amministrazione controllata

Reggio Calabria Cronaca

Sarà sotto amministrazione giudiziaria, e per un periodo di 6 mesi, la Caronte&Tourist Spa, di Messina, una delle più grandi aziende di traghetti del Sud Italia, attiva nei collegamenti tra la Calabria e la Sicilia.

Stamani la Dia, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, ha infatti eseguito il provvedimento emesso a carico della società dalla Sezione Misure di Prevenzione del tribunale (presieduta da Ornella Pastore) e contestualmente un sequestro di beni, del valore di circa 800 mila euro, nella disponibilità di Massimo Buda, figlio di Santo, appartenente all’omonima famiglia di Villa San Giovanni, federata alla potente cosca locale degli Imerti-Condello, e tra l’altro dipendente dell’azienda.

Le indagini – chiamate in codice “Scilla e Cariddi” – avrebbe fatto emergere, anche grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, la permeabilità della Caronte & Tourist alle infiltrazioni della ‘ndrangheta, e l’agevolazione che la stessa azienda avrebbe garantito a più soggetti ritenuti legati alle cosche locali.

In particolare sono stati individuati in Domenico Passalacqua (pregiudicato per associazione mafiosa e già destinatario di una misura di prevenzione personale e patrimoniale) ed in Massimo Buda (quest’ultimo come rappresentante del padre Santo, considerato un esponente apicale dell’omonimo clan), ed entrambi dipendenti del vettore marittimo, i “portatori degli interessi della ‘ndrangheta”, agevolati dalla Caronte&Tourist.

Gli interessi economici dei due sarebbero stati garantiti attribuendo ad imprese ad essi riferibili vari servizi all’interno delle navi che fanno la spola tra le coste siciliane e calabresi.

In particolare, queste imprese – che per gli inquirenti sarebbero state di fatto nella disponibilità sia di Buda che Passalacqua e di altri soggetti agli stessi legati – avrebbero potuto gestire, ricavandone profitti ingenti, i servizi di bar-ristorazione e quelli di pulizia e disinfestazione a bordo delle imbarcazioni, oltre a quelli di prenotazione per gli autotrasportatori che si imbarcano sui traghetti del Gruppo.

Secondo gli investigatori gli esponenti delle cosche locali sarebbero stati agevolati anche con l’assunzione di personale segnalato dai due e, nel caso di Passalacqua, garantendogli la retribuzione anche durante la latitanza e la sottoposizione ad una misura cautelare.

Quanto a Buda, gli sarebbe stata assicurata una rapida e brillante carriera, con la capacità di promuovere e gestire le nuove assunzioni e con la delega conferitagli per la risoluzione delle controversie tra dipendenti o con i fornitori.

L’amministrazione giudiziaria, secondo il Codice Antimafia, è finalizzata ad intervenire nella governance della Caronte&Tourist, “in funzione di bonifica ed impermeabilizzazione della struttura aziendale dal rischio di future ed ulteriori contaminazioni criminali ed interferenze mafiose”, spiegano gli inquirenti.

La nota compagnia di navigazione, il cui valore viene stimato in circa 500 milioni di euro, ha un capitale sociale di quasi 2,4 milioni di euro e vanta numerose partecipazioni in altre società, insieme alle quali svolge, in massima parte, servizi di navigazione non solo sullo stretto di Messina ma anche in altre tratte tra la Sicilia e altre destinazioni.

Gli accertamenti avrebbero messo in evidenza come Buda Massimo rappresentasse la longa manus del padre Santo, nell’ottobre 2020 condannato in appello a 14 anni e 8 mesi, nel procedimento “Sansone”, essendo ritenuto il reggente della cosca Buda-Imerti di Villa.

Allo stesso Buda, quindi, sono stati sequestrati due ditte individuali, comprensive dell’intero patrimonio aziendale e con sede a Villa San Giovanni; cinque appezzamenti di terreno di cui uno edificabile e per 700 metri quadri complessivi; due appartamenti ed un garage a Villa; un altro appartamento con box e piccolo vano cantinato nel comune di Lissone (nel milanese); e delle disponibilità finanziarie. Il valore complessivo dei beni cautelati ammonta a circa 800 mila euro.

Il decreto del Tribunale è stato emesso su richiesta dei Sostituti Procuratori Stefano Musolino e Walter Ignazitto, coordinati dagli Aggiunti Calogero Gaetano Paci e Giuseppe Lombardo, che hanno delegato alla Divisione Investigativa Antimafia gli accertamenti patrimoniali.