Rinascita-Scott, il pentito racconta gli interessi dei clan sui villaggi turistici
Si sta lentamente raccontando il pentito Giuseppe Comito, quarantaseienne di Vibo Marina divenuto collaboratore di giustizia nel 2019, a seguito delle difficoltà e degli stenti che quella movimentata vita aveva causato tanto a lui quanto alla sua famiglia. L’uomo, dopo la condanna per l’omicidio di Francesco Scrugli ed il tentato omicidio di Raffaele Moscato e di Rosario Battaglia, ha deciso di collaborare svelando alcuni retroscena sul controllo dei clan sui villaggi turistici del vibonese.
Lo stesso ha raccontato di essersi avvicinato alla cosca mentre era alla ricerca di un lavoro, divenendo così guardiano notturno al Garden Club di Pizzo dove incontrò per la prima volta Nino Accorinti, che definisce “senza alcun ruolo” e “messo là da Pantaleone Mancuso”, noto come Scarpuni e considerato “il capo di tutti” al punto che “tutte le famiglie venivano da lui prima di fare qualche lavoro grosso”.
Comito ha poi spiegato che tecnicamente “i proprietari erano i fratelli Stillitani, mentre il gestore era una società tedesca”. In un secondo momento subentrò una società francese, ed il nome cambiò in Club Med. Lo stesso ha anche raccontato della “paura che si mettevano” a Briatico solo a vederlo, in quanto riconosciuto come personaggio vicino a Mancuso.
Sempre nel corso delle sue dichiarazioni, Comito ha raccontato una sorta di “mediazione” avvenuta tra le varie famiglie, dato che alcune ritenevano che il Mancuso “si stava allargando e non lasciava spazio” nel controllo dei villaggi turistici. Qualcuno aveva lasciato come avvertimento “dei bidoni di benzina”, e dopo aver riferito il fatto ad Accorinti “questi si mette in moto per andare da Vallelunga, perché sapeva che era stato qualcuno degli Anello”. Il risultato? “Per assicurare che non venisse nessuno a dare fastidio e importunare” piazzarono “a me di Vibo, un altro di Briatico, un altro di Pizzo e così via”.
Situazione analoga nel Garden Resort, dove “la gestione era degli amici dei la Rosa, mentre la guardiania era gestita da Rocco Anello”, e dove della costruzione del villaggio si occupava lo stesso Mancuso tramite “le ditte di Nazzareno Guastalegname e Franco Barba” assieme “dei Iannazzo di Lamezia Terme”. Anche nel periodo del carcere, Mancuso avrebbe continuato a gestire gli affari “grazie all’intervento di Cosmo Mancuso”.