Blitz Morra, esposto in Procura del direttore del dipartimento prevenzione dell’Asp

Cosenza Cronaca
Nicola Morra

Dopo i blitz del senatore Nicola Morra nelle strutture dell’Azienda sanitaria di Cosenza, il direttore del dipartimento di prevenzione dell’Asp e direttore di igiene pubblica, Mario Marino, ha deciso di presentare un esposto, denunciando la condotta del parlamentare e della sua scorta.

In un documento di tre pagine, consegnato ai Carabinieri della Stazione di Cosenza Centro Marino ha ricostruito la vicenda del primo accesso del senatore e presidente della Commissione parlamentare antimafia, avvenuto lo scorso 20 marzo nei locali della centrale operativa dell’Asp.

Come si legge nella denuncia, “il senatore si sarebbe presentato personalmente per chiedere informazioni in merito all’inserimento di suoi parenti negli elenchi dei soggetti da sottoporre a vaccinazione e avrebbe poi proferito frasi minacciose e accusatorie nei confronti dell’operato di tutto il personale ivi presente, accusandolo di inefficienza e di disorganizzazione”.

Nell’esposto Marino denuncia l’atteggiamento di Morra che “non avrebbe formulato alcuna domanda e «nessuna richiesta sull’andamento del piano vaccinale della provincia di Cosenza, limitando il suo interesse unicamente ai suoi parenti”.

Nella ricostruzione di Marino, è scritto che Morra ha poi telefonato “al vice ministro alla Salute Pierpaolo Sileri, prima e al Commissario per la Sanità in Calabria Guido Longo, entrambi interpellati, come scrive Marino “per poi prendere atto della circostanza che i parenti del senatore non erano ancora stati chiamati per la sottoposizione al vaccino”.

Per Marino il senatore “avrebbe proceduto, pur non avendone titolo, all’identificazione del personale presente negli uffici i cui documenti sono stati fotografati mediante cellulare dal medesimo soggetto”. Ecco perché Marino ha chiesto alla Procura di avviare le indagini per fare luce su quanto accaduto e per capire se esistono le “condizioni, che si proceda alla censura, sotto il profilo penale, di una simile condotta, ritenuta inammissibile per un Senatore della Repubblica Italiana”.