Inchiesta “Energie Pulite”: ancora un sequestro per l’imprenditore Mordà

Reggio Calabria Cronaca

Ventisette orologi di lusso di grandi firme - tra cui spiccano Rolex, Tudor, Patek Philippe, Cartier, Audemax Piguet, ecc. - oltre ad un anello con incastonate pietre preziose griffato Nardelli e, dulcis in fundo, ben 147 mila euro in contanti, in banconote da 500 e 200 euro, soldi ritenuti di provenienza illecita.

È quanto è stato sequestrato oggi ad Antonino Mordà, 52enne imprenditore già coinvolto nell’operazione “Energie Pulite(QUI) che, nell’ottobre dell’anno scorso, aveva portato già ad un altro sequestro che aveva colpito, allora, il patrimonio riconducibile allo stesso Mordà così come a Antonino Scimone (46 anni) e Pietro Canale (42).

Si trattava in particolare dell’intero compendio aziendale di 18 imprese e società commerciali sia in Italia che all’estero, oltre che di 18 immobili, 7 automezzi, una imbarcazione da diporto, 10 orologi di pregio (Rolex, Paul Picot, Baume & Mercier), disponibilità finanziarie e rapporti bancari e assicurativi: il tutto un valore complessivo stimato in circa 50 milioni di euro.

La figura dei tre citati era emersa anche nel corso dell’operazione “Martingala” (QUI), condotta nel febbraio 2018 dalla Dia e della Guardia di Finanza di Reggio Calabria.

Allora venne eseguito un fermo di indiziato di delitto nei confronti di 27 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego di denaro, di beni, di utilità di provenienza illecita, usura, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, trasferimento fraudolento di valori, frode fiscale e associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni e reati fallimentari.

In quell’occasione scattarono inoltre i sigilli per 51 società, 19 immobili e disponibilità finanziarie per un ammontare totale circa 100 milioni di euro.

LE INDAGINI PRECEDENTI

Nel dettaglio, le indagini avevano consentito di accertare l’esistenza di un articolato sodalizio criminale con base a Bianco e proiezioni operative non solo in tutta la provincia reggina, ma anche in altre regioni italiane e persino all’estero.

Gli inquirenti ritennero che al vertice vi fossero i membri delle famiglie Barbaro “I Nigri” di Platì, Nirta “Scalzone” di San Luca e Antonio Scimone, considerato il principale artefice del meccanismo delle false fatturazioni e “regista” delle movimentazioni finanziarie dissimulate dietro apparenti attività commerciali.

Scimone è stato rinviato a giudizio per svariate ipotesi di reato, tra cui concorso esterno in associazione mafiosa, dirigenza di un’associazione finalizzata al riciclaggio ed al reimpiego, nonché all’intestazione fittizia di beni, all’emissione ed utilizzo di fatture false, “funzionali ad agevolare l’attività di infiltrazione occulta negli appalti pubblici della ‘ndrangheta, verso la quale era drenate imponenti risorse”.

GLI ACCERTAMENTI SU MORDÀ

Gli ulteriori accertamenti investigativi eseguiti da Dia, Gico, Nucleo Pef e Scico a carico di Antonino Mordà - in atto rinviato a giudizio per le ipotesi di reato di associazione di stampo mafioso (per cui è ancora oggi cautelato), trasferimento fraudolento di valori, estorsione, bancarotta, usura e reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche e finanziarie, fattispecie in diversi casi aggravate dall’aver agevolato gli interessi della ‘ndrangheta - hanno portato a riscontrare la riconducibilità di fatto, in capo allo stesso, di altri beni di lusso e denaro contante, solo formalmente nella disponibilità di suoi congiunti.

Queste risultanze sono confluite in un’altra proposta formulata dalla Direzione Distrettuale Antimafia che è stata accolta dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale reggino, con l’emissione del provvedimento di oggi.

Il sequestro è stato dunque eseguito dal personale della Direzione Investigativa Antimafia, dai militari dello Scico di Roma e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, con il coordinamento della Procura Nazionale Antimafia diretta dal Procuratore Federico Cafiero De Raho e della Direzione Distrettuale Antimafia dello Stretto, diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri.