Fatture false e aziende inesistenti: “faccendiere” calabrese tra gli autori della truffa ai fondi Covid
Parla anche calabrese l’associazione a delinque scoperta dalla Guardia di Finanza ed operante prevalentemente nel nord Italia, e dedita alle frodi sugli aiuti economici concessi dallo Stato alle aziende in difficoltà a causa della pandemia da Covid.
L’operazione ha portato oggi all’arresto di 21 soggetti e ad un sequestro di beni per circa 100 milioni (LEGGI), e si è articolata tra Calabria, Campania, Abruzzo, Lazio, Emilia Romagna e Lombardia, dove il sodalizio criminale avrebbe una solida base.
La scoperta infatti nasce da un controllo dei finanzieri di Sesto San Giovanni, che dopo aver verificato l’attività di un consulente fiscale di Cologno Monzese si sono trovati di fronte a numerose irregolarità: diverse società prive di strutture operative erano al centro di articolati rapporti commerciali.
Si tratta complessivamente di 42 attività dislocate nelle province di Milano, Monza, Como, Pavia, Bergamo e Piacenza, intestate a presunte “teste di legno” ed operative dal 2013 al 2018, periodo nel quale avrebbero emesso fatture false per un valore di circa 100 milioni.
IL MECCANISMO FRAUDOLENTO
Un sistema che non solo avrebbe permesso di frodare il fisco, ma anche i vari istitui di credito e bancari: sono oltre 40 i finanziamenti ricevuti dalle attività collegate al sodalizio, per un valore di ben 8 milioni di euro.
Ulteriori 4 milioni erano stati ottenuti, a danno dello Stato, tramite l’intermediazione di due promotori finanziari collusi, oggi tratti in arresto.
Dopo aver ottenuto gli ingenti finanziamenti, anche grazie alla presunta solidità finanziaria rappresentata dalle fatture falsificate, le aziende venivano lasciate fallire dopo averne svuotato i conti, impedendo così il recupero dei crediti.
In ultimo, 8 società riconducibili al sistema hanno ricevuto ben 224 mila euro e 6 contributi a fondo perduto nell’ambito del Decreto Rilancio, ossia come ristori dovuti alla pandemia da coronavirus, ed ulteriori 61 mila euro dai decreti Ristori e Ristori Bis.
IL “FACCENDIERE” CALABRESE
Pur se ramificata nel nord Italia, le indagini hanno permesso di appurare una vera e propria associazone a delinquere sviluppata in tutta Italia. In particolar modo è emersa la “divisione” in tre distinte compagini connesse ma indipendenti l’una dall’altra, operanti per favorire il sodalizio in ambiti differenti.
A capo di uno dei tre rami coinvolti è ritrenuto esservi un imprenditore pluripregiudicato di origine calabrese, da tempo trapiantato nella bergamasca e finito al centro di diverse altre operazioni di polizia.
Nella fattispecie, secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, sarebbe legato ad ambienti vicini alla ‘ndrangheta e dedito, tra le altre cose, al traffico internazionale di stupefacenti.
I restanti due rami sarebbero stati gestiti dal già citato consulente fiscale, dal quale è partita l’intera indagine, e da un commercialista di Milano.